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L’anima mia magnifica il Signore 

31/5/2014

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«Fratelli, la carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda.» (Rm 12,9-16b)

«L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva.» (Lc 1, 39-56)

«Ecco come l’umiltà è unita alla carità nella Madonna; e come la sua umiltà fa sì che la si esalti. Infatti, «Dio guarda le cose basse» per innalzarle (Sal 93,6; 138,6); è per questo che, vedendo la santa Vergine umiliarsi al di sotto di tutte le creature, egli gettò i suoi occhi su di lei e la innalzò al di sopra di tutte. Cosa che ci manifesta lei stessa con le parole del sacro cantico (Lc 1,48): “Siccome il Signore ha guardato la mia povertà, la mia bassezza e la mia miseria, tutte le nazioni mi chiameranno beata”.

Come se avesse voluto dire a santa Elisabetta: “Tu mi proclami beata, e lo sono veramente; ma tutta la mia felicità proviene dal fatto che Dio ha guardato il mio nulla e la mia abiezione”. Tuttavia, la Madonna non si accontentò di essersi così umiliata al cospetto della divina Maestà, perché sapeva bene che l’umiltà e la carità non sono al livello di perfezione se non si riversano sul prossimo. Dall’amore di Dio deriva quello del prossimo; e il santo Apostolo diceva (Rm 13,8; Gal 5,14; Ef 5,1s.) che nella misura in cui il tuo amore sarà grande verso Dio lo sarà anche nei confronti dei fratelli. San Giovanni ci insegna questo, quando dice (1Gv4,20): “Com’è possibile che tu ami Dio che non vedi, se non ami il prossimo che vedi?”.

Se vogliamo, dunque, dimostrare che amiamo molto Dio e vogliamo che ci credano quando lo affermiamo, dobbiamo amare molto i nostri fratelli, servirli e aiutarli nei loro bisogni. Ora, la santa Vergine, conoscendo questa verità, “si alzò” prontamente, dice l’evangelista (Le 1,39), e “se ne andò premurosamente verso le montagne di Giuda”, nella città di Hebron [...] per rendere servizio alla cugina Elisabetta nella sua vecchiaia e nella sua attesa» (FRANCESCO DI SALES, Le esortazioni, Roma 1992, 502s.).

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IL Padre vi darà un altro Paràclito

24/5/2014

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«In quei giorni, Filippo, sceso in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo … gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samarìa aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo» (At 8, 5-8.14-17)

«Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.» (1Pt 3,15-18).

«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce.» (Gv 14, 15-21)

In questa VI domenica del tempo pasquale la Parola ci introduce ad un periodo di preparazione per accogliere il dono dello Spirito Santo. È, infatti, della terza persona della santissima Trinità che oggi le letture ci parlano. “Credo nello Spirito Santo che è il Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato  per mezzo dei profeti”. Così diciamo nella nostra professione di fede: lo Spirito Santo è Dio. S. Agostino ne parla come dell’Amore tra l’Amante (il Padre) e l’Amato (il Figlio). Un Amore che è “persona”.

Nel Vangelo, Gesù, durante il discorso d’addio ai suoi prima di donare la vita sulla croce, promette la venuta di un altro Paràcilto. Una parola che la traduzione precedente rendeva con “consolatore”. In realtà paràclito indica una figura giuridica, quasi un avvocato difensore: è anche “consolatore”, ma soprattutto “soccorritore”, “riscattatore”. Era la persona (spesso un parente) che pagava il debito di coloro che erano stati venduti perché incapaci di restituire il dovuto. Gesù promette ai suoi che manderà un altro Paràclito; è Lui, infatti, che per primo si fa nostro soccorritore/riscattatore: donando la sua vita per noi, ci restituisce la possibilità di riconoscere il Padre e ci libera dalla schiavitù del peccato.

Per disporci all’incontro con lo Spirito, però, dobbiamo realizzare in noi alcune condizioni. Già nella prima lettura ascoltiamo che i samaritani “prestavano attenzione alle parole di Filippo”; cioè hanno avuto fede nell’annuncio del Vangelo. Proprio venendo a conoscenza di questa fede, gli apostoli impongono loro le mani perché ricevano lo Spirito. Ecco un altro elemento importante: il “luogo proprio” per ricevere lo Spirito è all’interno della Chiesa, tramite le persone che il Signore ha scelto perché siano suoi ministri.

Nel Vangelo, poi, Gesù ci indica la condizione essenziale: se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito. L’amore per Gesù, che si concretizza/dimostra nell’osservanza dei suoi comandamenti, cioè del duplice comandamento dell’Amore a Dio e ai fratelli. L’uomo peccatore, però, si scontra qui con i suoi limiti. Come direbbe S. Agostino, infatti, “La misura dell’Amore è amare senza misura”; l’amore non può conoscere limiti. Quante volte, invece, il nostro è un amore “condizionato”, limitato: “Gesù, io ti amo, ma non puoi chiedermi questo!”; “Io lo perdono, ma fino ad un certo punto: a tutto c’è un limite!”. Altre volte, ancora peggio, è egoismo, calcolo, mascherato: “amiamo” finché ne ricaviamo un guadagno (spesso è questo che il mondo chiama amore).

Ecco perché abbiamo bisogno del “soccorritore”, dello Spirito: l’Amore di Dio che, effuso nei nostri cuori, ci insegna ad amare in maniera sempre più perfetta, a superare i nostri limiti. È un “circolo virtuoso”: Gesù ci chiede di amare con tutte le nostre forze (che sono poche); in tal modo ci disponiamo a ricevere il soccorso dello Spirito e impariamo ad amare sempre meglio, a rispondere meglio alle volontà del Padre … tutto ciò fino a diventare “una cosa sola con Dio”: «In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.».

Se vivremo così, allora, non potremo non essere riconosciuti come “diversi” e ci chiederanno ragione della nostra speranza: della Vita eterna che è già cominciata in noi permettendoci di sconfiggere ogni paura; Gesù, il nostro Signore, ha sconfitto la morte e il peccato, nulla può più farci paura. Guidati dallo Spirito, anche noi saremo testimoni/annunciatori della Vita vera e contribuiremo alla salvezza del mondo.

Fra Marco

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Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore

17/5/2014

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… cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». (At 6, 1-7)

«Carissimi, avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo.» (1Pt 2, 4-9)

«Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? … Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto … io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre» (Gv 14, 1-12)

In questa quinta domenica del tempo di Pasqua la Parola viene a rivelarci che nella Chiesa (e nel Regno) c’è un posto per tutti. Di questo Regno, inoltre, conosciamo la Via: Gesù che è Via, Verità e Vita.

Gesù anche oggi, ci invita ad avere fede, a fidarci di Lui e a seguire la Via che Lui ci mostra; l’unica via che corrisponde alla Verità del nostro essere e per la quale possiamo giungere alla Vita: la via dell’Amore che giunge fino alla donazione di sé. Di questo Amore, che è Dio ad immagine del quale l’uomo è creato, noi, a causa del peccato siamo diventati incapaci: spesso il mondo chiama amore ciò che in realtà è un interesse egoistico, un usare l’altro per il proprio piacere …

L’opera della redenzione, però, ci ha restituito la capacità di Amare: lo Spirito Santo, l’amore di Dio, che, effuso nei nostri cuori, ci fa gridare “Abbà, Padre” (Cfr. Rom 8,15). Senza la Grazia che ci raggiunge nei sacramenti, infatti, non saremo capaci del vero Amore.

Nel Vangelo, Gesù chiama a testimonianza della Sua persona le opere che compie: una vita spesa per Amore del Padre e dei fratelli che culmina nell’offerta di sé sulla croce. Il Maestro ci promette, inoltre, che, credendo a Lui, anche i suoi discepoli compiranno le opere che lui ha compiuto: impareranno ad Amare e a donare la vita.

È proprio in questo senso che san Pietro, nella seconda lettura, parla di “pietre” dell’“edificio spirituale” e di “sacerdozio” per offrire “sacrifici spirituali”: ciascuno di noi battezzati, nella misura in cui si stringe a Cristo Pietra angolare, è parte dell’edificio spirituale della Chiesa e ha in essa un ruolo insostituibile. Ognuno badi di essere pietra utile a questa costruzione: stabile nella Grazia di Dio e aderente a Cristo. Il Signore provvederà a rigettare le “pietre di scandalo” che minacciano di fare crollare i fratelli.

Oggi, inoltre, la seconda lettura ci dà la possibilità di soffermarci sul sacerdozio battesimale che accomuna tutti i membri della Chiesa. I battezzati, infatti, lo sappiamo bene, siamo unti Re, Sacerdoti e Profeti. Tutti i battezzati, quindi, siamo sacerdoti, chiamati ad offrire sacrifici spirituali graditi a Dio mediante Gesù Cristo. Per comprendere meglio che cosa siano questi sacrifici spirituali, ci viene incontro san Paolo: «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.» (Rom 12, 1); cioè: «Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.» (1Cor 10,31). Fate tutto per la gloria di Dio, offrite i vostri corpi (voi stessi). Tutto questo è possibile solo mettendo Amore per il Padre e per i fratelli in quello che facciamo.

Prima di concludere, mi voglio soffermare su una particolare categoria di pietre scartate dal mondo, ma scelte e preziose davanti a Dio: i sofferenti nel corpo e nello spirito. Il mondo, dominato dalla logica dell’efficientismo, non di rado giudica come inutili questi fratelli e sorelle. Proprio loro, invece, nella misura in cui accolgono la loro croce e accettano di vivere la sofferenza (cioè scelgono non di subirla, ma di viverla) trasformandola in offerta d’amore per Cristo, con Cristo e in Cristo, possono vivere in maniera speciale il sacerdozio battesimale diventando pietre preziose per la costruzione dell’edificio spirituale della Chiesa.

Fra Marco.

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Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza

11/5/2014

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«… Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: “Salvatevi da questa generazione perversa!”». (At 2, 14.36-41)

«… anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, … Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime.» (1Pt 2, 20-25)

«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. … Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». (Gv 10, 1-10)

La Parola di questa quarta domenica di Pasqua ci presenta Gesù come la “porta”, dalla quale si accede alla Vita, e il Pastore che si prende cura delle sue pecore. A questo si unisce l’invito dell’apostolo Pietro a “salvarci” da questa generazione e a seguire il pastore e custode delle nostre anime.

Il paragone popolo-pecore e Dio-pastore, è un paragone caro all’Antico Testamento dove manifesta la cura amorosa di Dio verso il suo popolo anche attraverso i re che “pascevano” il popolo in nome di Dio. Oggi però, ci si sente offesi quando si è paragonati alle pecore; spesso il paragone, dire ad una persona che è “come una pecora”, vuole esprimere una mancanza di libertà; una libertà che, giustamente, è considerata una caratteristica irrinunciabile della persona.

Fermiamoci, però, brevemente a considerare cosa significa essere liberi e se esista una “libertà assoluta”. Cosa significa essere liberi? Una risposta potrebbe essere: “decidere autonomamente che cosa fare”; espresso in termini più semplici: “fare quello che si vuole”. Ma cosa significa “quello che si vuole”? È “quello che ci passa per la testa” in un dato momento, o è ciò che soddisfa il nostro desiderio profondo: la felicità? Mi sembra evidente che, se facessimo sempre tutto ciò che “ci passa per la testa”, in poco tempo ci rovineremmo la vita. Non credo, inoltre, che potremmo essere definiti liberi, ma schiavi delle nostre passioni e del desiderio del momento che ci impediscono di realizzare la nostra felicità.

La vera libertà , allora, sta nel fare ciò che soddisfa la nostra sete profonda di felicità. Questo, però, comporta avere una considerazione più a lungo termine della vita: sapere fare oggi delle scelte, magari costose, per ottenere un risultato migliore domani. Anche in questo, però, scopriamo che non siamo “assolutamente liberi”; sono tanti i “progetti di felicità” che ci vengono messi davanti e sono numerosi coloro che si professano “pastori” promettendo serenità, giustizia ecc. e che tentano di condizionare le nostre scelte. Penso di potere affermare, quindi, che siamo veramente liberi solo di scegliere quale “pastore” seguire.

Oggi, forse più che al tempo di Gesù, sono veramente tanti i falsi pastori che non hanno interesse a “pascere le pecore”, ma che vogliono solo “pascere se stessi”. Tra esperti di marketing, pubblicitari, politici ecc. siamo continuamente contesi: come scegliere? Gesù ci dà un criterio: il Buon Pastore (quello vero) dà la vita per le pecore (Gv. 10,11). C’è ancora una caratteristica del Buon Pastore che va evidenziata: «egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome». Solo il buon Pastore, infatti, ci conosce e ama intimamente e singolarmente; solo Lui sa quale sia la nostra strada per giungere alla felicità cui aneliamo; solo Lui è venuto a donarci la Vita in abbondanza.

Purtroppo, se ci guardiamo attorno, non sono pochi coloro che vivono una vita che non li soddisfa; condizionati da qualche falso pastore, hanno fatto scelte che si sono rivelate insoddisfacenti per loro e adesso si trovano a vivere una vita che non è la loro, “a pedalare una bicicletta che non volevano” (“Ma è vita questa?” Quante volte ci capita di sentire affermazioni del genere!).

Ancora oggi, nella Chiesa, Gesù, che ci ha liberato dal condizionamento del peccato e delle nostre passioni, continua a pascere il Suo popolo illuminandolo con la Sua Parola, nutrendolo con il Suo Corpo e il Suo Sangue e guidandolo con pastori che Lui ha scelto e consacrato. Saremo sufficientemente liberi da seguire il Buon Pastore?

Fra Marco.

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    Mi presento ...

    Fra Marco. Frate cappuccino e sacerdote. Sono un sognatore, se per sognatore si intende chi cerchi un mondo dove sia l’Amore, quello vero, la regola delle relazioni. Credo che l’amore sia quella forza capace di cambiare il mondo attorno a noi per farlo diventare migliore… in ogni senso 
    Ho preso il nome del blog dal titolo di una canzone di Eros Ramazzotti, perchè amo la musica italiana, specialmente quella che è poesia.
    Forse perchè mi piace sognare, amo il genere Fantasy, quel mondo in cui, al di là dell’ambientazione favolistica, sono i valori che regolano le azioni e le scelte e che compiono la vera magia… Pax

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