«Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.» (1Pt 3,15-18).
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce.» (Gv 14, 15-21)
In questa VI domenica del tempo pasquale la Parola ci introduce ad un periodo di preparazione per accogliere il dono dello Spirito Santo. È, infatti, della terza persona della santissima Trinità che oggi le letture ci parlano. “Credo nello Spirito Santo che è il Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti”. Così diciamo nella nostra professione di fede: lo Spirito Santo è Dio. S. Agostino ne parla come dell’Amore tra l’Amante (il Padre) e l’Amato (il Figlio). Un Amore che è “persona”.
Nel Vangelo, Gesù, durante il discorso d’addio ai suoi prima di donare la vita sulla croce, promette la venuta di un altro Paràcilto. Una parola che la traduzione precedente rendeva con “consolatore”. In realtà paràclito indica una figura giuridica, quasi un avvocato difensore: è anche “consolatore”, ma soprattutto “soccorritore”, “riscattatore”. Era la persona (spesso un parente) che pagava il debito di coloro che erano stati venduti perché incapaci di restituire il dovuto. Gesù promette ai suoi che manderà un altro Paràclito; è Lui, infatti, che per primo si fa nostro soccorritore/riscattatore: donando la sua vita per noi, ci restituisce la possibilità di riconoscere il Padre e ci libera dalla schiavitù del peccato.
Per disporci all’incontro con lo Spirito, però, dobbiamo realizzare in noi alcune condizioni. Già nella prima lettura ascoltiamo che i samaritani “prestavano attenzione alle parole di Filippo”; cioè hanno avuto fede nell’annuncio del Vangelo. Proprio venendo a conoscenza di questa fede, gli apostoli impongono loro le mani perché ricevano lo Spirito. Ecco un altro elemento importante: il “luogo proprio” per ricevere lo Spirito è all’interno della Chiesa, tramite le persone che il Signore ha scelto perché siano suoi ministri.
Nel Vangelo, poi, Gesù ci indica la condizione essenziale: se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito. L’amore per Gesù, che si concretizza/dimostra nell’osservanza dei suoi comandamenti, cioè del duplice comandamento dell’Amore a Dio e ai fratelli. L’uomo peccatore, però, si scontra qui con i suoi limiti. Come direbbe S. Agostino, infatti, “La misura dell’Amore è amare senza misura”; l’amore non può conoscere limiti. Quante volte, invece, il nostro è un amore “condizionato”, limitato: “Gesù, io ti amo, ma non puoi chiedermi questo!”; “Io lo perdono, ma fino ad un certo punto: a tutto c’è un limite!”. Altre volte, ancora peggio, è egoismo, calcolo, mascherato: “amiamo” finché ne ricaviamo un guadagno (spesso è questo che il mondo chiama amore).
Ecco perché abbiamo bisogno del “soccorritore”, dello Spirito: l’Amore di Dio che, effuso nei nostri cuori, ci insegna ad amare in maniera sempre più perfetta, a superare i nostri limiti. È un “circolo virtuoso”: Gesù ci chiede di amare con tutte le nostre forze (che sono poche); in tal modo ci disponiamo a ricevere il soccorso dello Spirito e impariamo ad amare sempre meglio, a rispondere meglio alle volontà del Padre … tutto ciò fino a diventare “una cosa sola con Dio”: «In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.».
Se vivremo così, allora, non potremo non essere riconosciuti come “diversi” e ci chiederanno ragione della nostra speranza: della Vita eterna che è già cominciata in noi permettendoci di sconfiggere ogni paura; Gesù, il nostro Signore, ha sconfitto la morte e il peccato, nulla può più farci paura. Guidati dallo Spirito, anche noi saremo testimoni/annunciatori della Vita vera e contribuiremo alla salvezza del mondo.
Fra Marco