«Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia.» (1Pt 1, 17-21)
«Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo … Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”» (Lc 24, 13-35)
Il Vangelo di domenica scorsa, seconda di Pasqua, iniziava descrivendo un contesto di chiusura. Quello di questa terza domenica si apre con due discepoli tristi che, ormai senza speranza, tornano probabilmente alla loro vita di prima. Il signore Risorto irrompe nella nostra quotidianità, a volte fatta di chiusura del cuore e di tristezza, per portare la gioia e la speranza.
Nella pagina del vangelo odierno, infatti, Gesù stesso si accosta ai due discepoli delusi e si fa loro compagno di viaggio. Siamo ancora «in quello stesso giorno [il primo della settimana]» in cui il Signore è risorto. Ogni domenica, infatti, pasqua della settimana, celebriamo tutto il mistero pasquale. Anche noi, magari, siamo arrivati a questa domenica sfiduciati e stanchi; ma anche a noi si fa prossimo Gesù. Anche per noi ripercorre nelle Scritture tutto ciò che Lo riguarda, per farci comprendere che la Sua croce non è stato un incidente, ma «bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria».
Nel Vangelo di oggi, infatti, ascoltiamo il percorso che compiamo ogni domenica nella celebrazione eucaristica: attraverso l’ascolto delle Scritture (comprese grazie allo Spirito presente nell’assemblea riunita in preghiera), veniamo condotti a sedere a mensa con Gesù che spezza il pane per noi, che si fa pane spezzato per la vita del mondo. Da questo banchetto, siamo poi inviati a portare ai fratelli l’annuncio gioioso: «Davvero il Signore è risorto!»
Non solo nella messa domenicale, però, Gesù vuole farsi nostro compagno di strada; Egli si fa compagno della nostra quotidianità anche se spesso i nostri occhi sono impediti a riconoscerlo. Un impedimento che per i discepoli di Emmaus svanisce al momento in cui Gesù compie il significativo gesto dello spezzare il pane, ma che a volte può perdurare in noi. Può capitare, infatti, che, anche dopo la celebrazione eucaristica, il nostro cuore non arda della gioia dell’incontro: Gesù è lì vivo e vero, ma noi non l’abbiamo incontrato. Una situazione ben conosciuta anche da S. Agostino che così la descrive nelle “Confessioni”: «Tu eri con me, ma io non ero con te».
È probabile che, se questo accade, ciò dipenda principalmente dalla qualità del nostro ascolto: il Signore è lì e ci parla, ci dona la Sua Parola viva ed efficace, ma noi siamo presenti “solo fisicamente”: abbiamo il pensiero e il cuore altrove, tanto che, non di rado, già appena è terminata la proclamazione non siamo in grado di ricordare che cosa è stato detto. Non ascoltiamo realmente, ci chiudiamo nella nostra tristezza, nel nostro non senso; ci lasciamo opprimere dalle nostre preoccupazioni, tanto da non premettere al Signore di venire a donarci la gioia.
«Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!» I discepoli di Emmaus si lasciano scuotere dal rimprovero di questo Viandante che si fa loro compagno, non si chiudono nella presunzione di “avere tutto chiaro”; non relegano la Scrittura, che il Viandante spiega loro, a “favola”.
«Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro.» Oltre l’ascolto, il Vangelo di oggi ci presenta un altro importante atteggiamento dei discepoli di Emmaus che siamo invitati ad imitare: l’accoglienza che si fa condivisione. I discepoli non hanno ancora riconosciuto il Maestro, ma vedono un viandante che si accinge ad affrontare i pericoli della notte in strada e “si fanno prossimi” di quest’uomo condividendo con lui l’alloggio e il pane. Forse è proprio questa disposizione del cuore a permettere loro, successivamente, di riconoscerlo: sono stati disponibili a spezzare il loro pane con lui e riconoscono Lui stesso come “il pane spezzato per la vita del mondo”. È la piena realizzazione di quanto Gesù aveva insegnato: «Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40)
Fra Marco.