«Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio.» (Rm 8,8-11)
«Gesù le disse: “Tuo fratello risorgerà”. Gli rispose Marta: “So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno”. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?”. Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”». (Gv 11,1-45)
In questa quinta domenica di quaresima, ormai prossimi agli eventi pasquali, la Parola, dopo averci presentato Gesù come colui che ci dona l’acqua che disseta la ricerca di verità, di bene e di vita eterna (lo Spirito Santo che è effuso in noi) e come Luce del mondo che ci fa vedere la realtà dal punto di vista di Dio in modo che possiamo conoscere e compiere la Sua volontà, ci presenta Gesù, come la risurrezione e la vita, amante della vita e donatore di vita eterna.
Sia nella prima che nella seconda lettura, come nel Vangelo, Dio ci è presentato come Colui che chiama il suo popolo ad uscire dal sepolcro (I lettura) e che dà la vita ai nostri corpi mortali (II lettura). Nel racconto evangelico, Gesù mostra il suo essere vero Uomo e vero Dio: mostra la sua umanità commuovendosi per il dolore di Marta e Maria; mostra la sua divinità nel proclamare «Io sono la risurrezione e la vita» e nel fare uscire dal sepolcro e restituire la vita a Lazzaro.
Gesù è il Dio amante della vita e, allo stesso tempo, uomo, pienamente uomo, che vive in pienezza la vita umana con le sue gioie e i suoi dolori. L’evangelista Giovanni sottolinea che Gesù ama i suoi amici, la famiglia di Lazzaro, Marta e Maria, presso i quali sta volentieri condividendo le loro gioie e le loro sofferenze. Gesù vive pienamente le emozioni umane: dinanzi la morte dell’amico e il lutto di Marta e Maria Gesù è molto turbato, si commosse profondamente e scoppiò in pianto. Davvero Gesù è colui che ama la vita: sta per compiere un grande miracolo, ma non può fare a meno di piangere di fronte al sepolcro di Lazzaro.
Lazzaro, vieni fuori! Il miracolo non è solo atto di amore fraterno, bensì un segno, una manifestazione dell'amore divino di Gesù: «Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri» aveva detto Dio per bocca del profeta Ezechiele.
Il Segno ha una finalità universale: non è solo per i suoi tre amici, ma si rivolge a tutta l'umanità; Gesù infatti precisa di avere compiuto il miracolo della risurrezione di Lazzaro non solo per lui, ma per tutti, per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato.
«… chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» Che Dio abbia il potere di vincere la morte è già affermato nell’Antico Testamento in alcuni passi del quale troviamo pure la fede nella resurrezione dell’ultimo giorno a cui accenna Marta nel Vangelo odierno. Il Vangelo di questa domenica, però, va oltre questa speranza futura, perché vede già date in Gesù “la risurrezione e la vita” che sono così attuali. Colui che crede in Gesù ha già una parte di questi doni della fine dei tempi. Egli possiede una “vita senza fine” che la morte fisica non può distruggere.
Chi crede in Gesù, quindi, chi rinasce in Lui nel Battesimo, non deve più temere la morte perché vive una vita che non ha fine e che è altra rispetto alla vita biologica. Chi crede in Gesù, quindi, non è sotto il dominio della carne, ma vive la vita nello Spirito. A questo punto però penso sia bene chiederci: io credo che Gesù è la risurrezione e la vita? Vivo secondo la carne o secondo lo Spirito?
Come ci ricorda oggi la seconda lettura, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Nel Vangelo, Gesù ci dona un criterio per fare discernimento in noi prima che negli altri: «dai frutti li riconoscerete» (Mt 7,16). E altrove S. Paolo elenca quali sono le opere della carne e quali il frutto della Spirito: «sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,19-23). Per capire “di cosa viviamo” non ci resta che da vedere quali opere/frutti produciamo.
Permettetemi, prima di concludere, di sottolineare come per opere della carne non si intenda solo e soprattutto ciò che riguarda la sfera sessuale (come a volte semplicisticamente si crede). È opera della carne anche tutto ciò che ha a che fare con l’orgoglio (che è idolatria del proprio io) e che porta divisione. Per capire “di cosa viviamo” non ci resta che da vedere quali opere/frutti produciamo.
Se dovessimo scoprire di essere tra quelli che vivono sotto il dominio della carne, convertiamoci finché ne abbiamo la possibilità: accogliamo lo Spirito e lasciandoci convincere del nostro peccato in modo da consegnarlo alla Misericordia del Padre e, abbandonando le opere della carne, camminiamo secondo lo Spirito. Saremo tra quanti credono in Lui e non moriranno in eterno.
Fr. Marco.