«Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni … Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.» (1Cor 7,32-35)
« … nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. E Gesù gli ordinò severamente: ”Taci! Esci da lui!”. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui “… Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!”». (Mc 1,21-28)
In questa quarta domenica del Tempo Ordinario, il Vangelo ci colloca ancora agli inizi del ministero pubblico di Gesù: siamo ancora nel “sabato di Cafarnao” (Mc 1-21-34) in cui Gesù comincia a manifestarsi come Maestro e Liberatore.
Nelle prima lettura di oggi, Mosè in nome di Dio promette al popolo che avrebbero avuto un profeta che dicesse loro le parole di Dio. Nel Vangelo vediamo la promessa pienamente realizzata in Gesù: la Parola definitiva di Dio all’uomo. Gesù, il Verbo fatto carne, si presenta ai suoi fratelli come Maestro e coloro che si trovavano nella sinagoga riconoscono in lui un’autorità che nessun maestro prima di Lui aveva. All’interno della sinagoga, tuttavia, vi è un uomo “posseduto da uno spirito impuro”. La traduzione letterale sarebbe “in uno spirito impuro”: quell’uomo non solo era posseduto dallo spirito impuro, ma si muoveva, dimorava, in un contesto di “impurità”; collegandoci a domenica scorsa potremmo dire che si muoveva nello “schema di questo mondo” (1Cor 7,29-31) indicando con ciò quel sistema di vita diametralmente opposto al Vangelo. Quest’uomo si sente minacciato dall’insegnamento di Gesù che, in effetti è venuto a scardinare lo “schema di questo mondo” per inaugurare il Regno di Dio e liberare l’umanità dalla tirannia del demonio.
“Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. letteralmente: “cosa abbiamo in comune con te?”. Quante volte, purtroppo, mi è captato di sentire espressioni del genere quando esorto qualcuno a vincere le proprie debolezze sull’esempio di Gesù: “Cosa c’entra Gesù? io mica sono Gesù!?” Ricordiamoci, invece, che i cristiani nel battesimo siamo stati conformati a Cristo, innestati in Lui e chiamati a mostrare Lui al mondo. Nell’eucarestia, inoltre, uniamo la nostra vita alla Sua per la salvezza del mondo: siamo chiamati, quindi a comportarci e amare come Lui. Anche a noi, tuttavia, può capitare di vivere “in uno spirito impuro”; inseriti in un sistema di vita in cui di cristiano c’è solo l’apparenza (non a caso l’uomo indemoniato si trovava nella sinagoga per la liturgia del sabato); viviamo una sorta di schizofrenia: in chiesa ci diciamo cristiani, ma nella vita quotidiana seguiamo altri maestri e altre logiche che, per nostra disgrazia, non saranno mai capaci di darci la Vita.
Lasciamo questi falsi maestri e mettiamoci alla sequela dell’unico Maestro che parla con l’autorità capace dai darci la libertà dalle schiavitù e la Vita vera. L’autorità di Gesù, inoltre, coniuga verità e misericordia: non ci “schiaccia” costringendoci ad una vita “non umana”, ma ci mostra il modo veramente umano di vivere, una vita in cui, mettendo al di sopra di tutto l’obbedienza a Cristo, tutto trova la sua giusta collocazione (Cfr. II lettura).
Fra Marco