«Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza.» (1Tm 6,11-16)
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe … » (Lc 16, 19-31)
Domenica scorsa la Parola ci invitava a farci degli amici tra coloro che sono “potenti” dinanzi a Dio: i poveri. Questa domenica, invece, ci mostra un esempio di chi non è stato capace di agire così.
È bene chiarire subito che la parabola non vuole invitarci alla rassegnazione alla indigenza sperando in un “al di là” in cui le cose saranno diverse. La parabola non è rivolta ai poveri, ma ai ricchi (uditori immediati di Gesù sono i Farisei attaccati alle ricchezze). “Ricchezza” e “povertà”, inoltre, non vanno intese in modo meramente materiale come possesso/mancanza di beni; sono principalmente atteggiamenti del cuore: essere attaccati/accecati dai beni (molti o pochi) che si possiedono o confidare in Dio ponendo in lui la nostra fiducia. Si può essere ricchi anche possedendo solo un euro, se siamo convinti che salverà la nostra vita e, di conseguenza, non siamo capaci di condividerlo con i fratelli.
Per S. Francesco questa condivisione è un atto di giustizia senza la quale non può esserci pace con Dio e con i fratelli, è un “restituire” a Dio i suoi doni. Nella Legenda dei tre compagni leggiamo che una volta «disse a se stesso: “Tu sei generoso e cortese verso persone da cui non ricevi niente, se non una effimera vuota simpatia; ebbene, è giusto che sia altrettanto generoso e gentile con i poveri, per amore di Dio, che ricambia tanto largamente”. Da quel giorno incontrava volentieri i poveri e distribuiva loro elemosine in abbondanza»
È un atto di giustizia, quindi condividere con i fratelli quello di cui hanno bisogno, quello che il Signore ci ha donato. Per Francesco comportarsi diversamente equivale a rubare al povero ciò che è suo perché ne ha bisogno.
Protagonista della parabola odierna, non è il povero Lazzaro (il cui nome, non a caso, significa “Dio aiuta”), ma il ricco senza nome di cui sappiamo soltanto che banchettava lautamente e vestiva in modo regale.
È significativo il fatto che del ricco neanche si sappia il nome: mentre il povero Lazzaro è conosciuto e amato da Dio in cui pone tutta la sua fiducia, il ricco si è sottratto a questo amore accecato dai suoi beni. Il dramma di quest’uomo non è quello di avere ricchezze materiali, ma quello di essersi fatto accecare da esse tanto da non vedere il bisogno del fratello davanti la sua porta. Peggio ancora, il dramma è nell’avere chiuso il cuore al bisogno del fratello e quindi, direbbe san Giovanni, nell’avere chiuso il cuore all’amore di Dio (Cfr. IGv 3,17). Ecco il pericolo della ricchezza: illudersi che possa darci la vita, che possa spegnere la “sete di Vita” che ogni uomo sente in se.
Il termine di questa vita, però, mette in luce l’inganno: il povero, che ha confidato in Dio, è accolto in paradiso, “nel seno di Abramo”; il ricco è sepolto. Sia l’uno che l’altro sperimentano la sorte che si sono scelti: il povero Lazzaro che confidava in Dio, ora gode di Dio in maniera piena; il ricco che confidava nelle cose, nel cibo e nei vestiti, segue la sorte di questi ultimi: finisce nella terra a disfarsi.
Lazzaro, che confidava nell’aiuto di Dio, vede ora appagata la sua “sete di Vita”; il ricco che pensava di appagare la sua sete, sperimenta ora una “fiamma brucante”: una sete inestinguibile che le cose non sono state capaci di placare e che ora lo divora per l’eternità.
La terza scena della parabola costituisce, infine, un ammonimento ad ascoltare la Parola: “Hanno Mosè e i profeti, ascoltino loro”. L’ascolto che viene chiesto è un “ascolto obbediente”. Il ricco e i suoi fratelli conoscono la Parola, probabilmente partecipano pure alle liturgie, ma questo non cambiava la loro vita.
Non sia così per noi. Lasciamo che la Parola ci metta in crisi e cambiamo la nostra vita per potere godere di quella pienezza di Vita che solo Gesù può donarci.
Fr. Marco