«Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io.» (1Tm 1,12-17)
«Rallegratevi con me … » (Lc 15,1-32)
La Parola di questa XXIV domenica ci mostra un Dio che si accende d’ira, che si pente, che gioisce … un Dio che viene a salvare i peccatori. Un Dio, quindi, ben lontano da quella “beata immobilità/immutabilità” in cui vorrebbero relegarlo i filosofi. L’immagine di Dio che ne scaturisce, però, si allontana pure da quella di un Dio collerico e vendicativo pronto a pesare le nostre azioni e ad elargire punizioni; un’immagine cara ai “farisei” di tutti i tempi.
Le tre parabole della misericordia che ci presenta il Vangelo, infatti, sono tutte caratterizzate dal sentimento di angoscia per ciò che si è perduto e dalla gioia al momento del ritrovamento/ritorno.
Gesù racconta queste parabole per rispondere a farisei e scribi che mormorano a proposito della sua accoglienza dei peccatori. Ciò che ne risulta è una presentazione della figura del Padre che sconvolge l’immagine traviata del Dio vendicativo mostrando un Dio Padre che soffre per la perdita dei suoi figli e gioisce per il loro ritorno. Un Padre che non vuole privarci della Libertà e che, pur indicandoci senza sosta la via della Vita, si fa da parte soffrendo in silenzio quando scegliamo vie che ci allontanano dalla Vita.
La verità sconvolgente della Parola di questa domenica è proprio questa: il Padre soffre e sta in attesa del ritorno dei suoi figli che si sono perduti, che si stanno rovinando la vita, che hanno dimenticato la loro dignità di figli.
Proprio perché grande è la sofferenza e l’angoscia, il Vangelo di oggi può affermare «così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.»; la gioia è grande perché grande è l’attesa: «la penitenza dell’uomo è il coronamento di una speranza di Dio. L’attesa di questa penitenza ha fatto scattare la speranza nel cuore di Dio … Perché tutti gli altri Dio li ama in amore. Ma quella pecora Gesù l’ha amata anche in speranza.» (Péguy, Il mistero del portico della seconda virtù).
E i novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione? Mi viene immediatamente da pensare, dato che Gesù si rivolge ai farisei, che questa assenza di bisogno di conversione sia soggettiva e non oggettiva: loro pensano di essere giusti e così non giungono a quella vera Vita che solo Gesù può dare. A quelli che sono veramente giusti, tuttavia, è riservata una parte speciale: “rallegratevi con me” … “quello che è mio è tuo”. I giusti sono invitati a prendere parte all’attesa del Padre ed alla Sua gioia. Non possono rimanere indifferenti ad un fratello che si perde e sono invitati a gioire per ogni peccatore che si converte.
Prendendo atto di questa verità, impegniamoci a seguire la via della Vita perché il Padre possa rallegrarsi e gioire della nostra felicità.
Fra Marco.