«Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?» (Rm 8,31-34)
« … E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. … Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.» (Mc 9,2-10)
Dopo averci fatto entrare nel deserto con Gesù, domenica scorsa, in questa seconda domenica di quaresima la Parola ci conduce con Gesù sul Tabor per farci intravedere la fine del cammino da poco intrapreso: la gloria della Resurrezione.
L’evangelista Marco introduce la pericope evangelica di oggi legandola strettamente a ciò che la precede: “sei giorni dopo” la “confessione” di Pietro, il primo annunzio della passione e l’enunciazione, da parte del Maestro, delle “esigenze del discepolato” (Mc 8, 27-38), Gesù conduce i tre testimoni privilegiati su un alto monte e mostra loro la sua gloria.
È il monte, in prima istanza, a collegare la prima lettura e il Vangelo. Abramo sale sul monte con il figlio amato, Isacco, per sacrificarlo in obbedienza al Signore; Gesù, invece, è trasfigurato e conversa con Mosè ed Elia (rappresentanti la Legge e i Profeti). Marco tace l’argomento di tale conversazione; solo Luca ci dice che «parlavano del suo esodo che stava per compiersi a Gerusalemme» (Lc 9,31) cioè della sua Passione, Morte e Resurrezione.
Torna, quindi, insieme al tema della glorificazione, il tema della Passione: per giungere alla gloria che oggi Gesù ci fa intravedere, è imprescindibile passare per la Croce accolta e abbracciata in obbedienza e per amore. Una donazione d’amore che, contrariamente a ciò che accade per Isacco, giunge “fino alla fine” (Cfr. Gv 13,1), fino al dono della vita. Come ci ricorda la seconda lettura di oggi, infatti: il Padre “non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi”.
La manifestazione della Gloria di Dio giunge a compimento con la “nube” e la “voce dal Cielo” che, richiamandosi a quella del battesimo (Mc 1,11), dà inizio alla seconda parte del Vangelo di Marco.
“Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. La Voce conferma e completa la confessione di Pietro (Mc 8,29) ed esorta all’Ascolto del suo insegnamento e, quindi, alla sua sequela. L’oggetto di tale ascolto è costituito da ciò che precede e segue immediatamente: l’annuncio della Passione e l’esigenza della sequela sulla via della Croce vissuta come donazione d’amore.
“Questi è il Figlio mio, l’amato”. Vorrei, in conclusione, sottolineare questo amore che il Padre attesta verso il Figlio che è incamminato sulla via della Croce e al quale la Croce non verrà risparmiata. Quante volte noi, quando ci troviamo nella sofferenza, abbiamo dubitato dell’amore del Padre … La sofferenza, però, è imprescindibile; la Croce, la donazione della vita per amore, è l’unica strada per giungere alla gloria della Resurrezione. Se anche noi, dietro Gesù, sapremo prendere ogni giorno la nostra Croce e donare la vita per amore facendo delle nostre sofferenze un’offerta, allora, divenuti conformi a Cristo, anche per noi il Padre potrà dire “Questi è il Figlio mio, l’amato”.
“… non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.” Continuiamo, allora il nostro cammino con la consapevolezza che il nostro Maestro è con noi. Lui è il Signore, il Figlio amato; anche se sceglie di nascondere la Sua divinità, anche nell’ordinarietà della nostra vita, non dubitiamo della Sua vicinanza e percorriamo la strada che Lui ci ha insegnato.
Fra Marco.