«Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato … se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.» (Rm 5, 12-19)
« … “Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane”. Ma egli rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. … “Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”. Gesù gli rispose: “Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo” … “Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”. Allora Gesù gli rispose: “Vattene, satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”. Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.» (Mt 4, 1-11)
In questa prima domenica di quaresima la Parola ci mette in guardia sulla realtà del peccato perché, con Cristo, possiamo vincerlo. Nella prima lettura, infatti, ci è presentata la radice di ogni peccato: il sospetto su Dio, il dubbio che veramente Dio ami l’uomo. È questo ciò che il serpente insinua affermando: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Il senso di queste parole è che Dio avrebbe mentito, non vorrebbe la piena realizzazione dell’uomo.
Andando avanti, però si scopre che ad avere mentito non è Dio, bensì il serpente, padre della menzogna. Il frutto della disobbedienza, infatti, è tutt’altro che l’essere come Dio: «Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi». L’uomo, slegato dal vitale rapporto con il suo Creatore, scopre la propria “nudità”, la debolezza e fragilità che gli fa paura.
Il testo di Genesi ci mostra pure il “fascino del peccato”, l’attrattiva che esercita su di noi: buono da mangiare, gradevole, desiderabile per acquistare saggezza. È quello che S. Giovanni nella sua prima lettera chiama: «la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita» (1Gv 2,16). L’uomo, dopo la disobbedienza, scopre di non essere libero, ma schiavo dei propri bisogni: i bisogni fisici, della “carne”; il bisogno di apparire; il bisogno di potere.
Tutti gli uomini siamo soggetti a queste tentazioni, e, come ci dice oggi S. Paolo, tutti abbiamo peccato. Il peccato delle origini, la prima ribellione, è come un pugno di neve che si stacca dalla montagna; ad esso, lungo la caduta, si aggiunge altra neve (i nostri peccati) diventando una valanga.
Gesù è venuto a porre fine a questo processo inarrestabile. Con la sua opera redentrice, infatti, ristabilisce il vitale rapporto con il Padre che è l’unica via per resistere alla tentazione. È questo il senso delle risposte che dà a satana nella pagina evangelica. Tre risposte che possiamo sintetizzare in tre fondamentali atteggiamenti da assumere.
Il primo atteggiamento che ci viene raccomandato potremmo chiamarlo “povertà”, riconoscimento della nostra dipendenza, la consapevolezza, cioè, che l’unica cosa veramente necessaria e di cui non possiamo fare a meno è la relazione con il Padre dal quale viene la nostra vita: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Il secondo atteggiamento è “l’umiltà”, cioè lo stare “al proprio posto” davanti a Dio, senza metterlo alla prova e senza pretendere di “insegnargli a fare Dio”, ma fidandoci di Lui e della Sua volontà: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo.
Il terzo atteggiamento, infine è la purezza di cuore cui è legata beatitudine, avere, cioè, un cuore “uno”, tutto rivolto al Padre e che, quindi non ha spazio per gli idoli che promettono una felicità che non possono dare: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto.
Il tempo di quaresima da poco iniziato è per noi come il deserto percorso da Israele e nel quale Gesù è stato condotto subito dopo il battesimo: il luogo in cui mettersi in dialogo con Dio per scoprire, come direbbe S. Francesco, «Chi sei tu? e chi sono io?» (Cfr. FF 1915). Anche noi siamo invitati ad una più intima relazione con il Padre per scoprire cosa abbiamo nel cuore e purificare il nostro rapporto con Lui. Fuggiamo la tentazione che nasce dal dubbio e dalla paura, e fidiamoci del Padre che solo può saziare la nostra fame di felicità.
Fra Marco.