«Vorrei essere io stesso anàtema, separato da Cristo, a vantaggio dei miei fratelli.» (Rm 9,1-5)
«Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (Mt 14,22-33)
In questa XIX domenica del TO la Parola di Dio ci esorta ad imparare a riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita e a non lasciarci paralizzare dalla paura.
Nella prima lettura vediamo Elia, perseguitato e scoraggiato, che è stato invitato dal Signore a salire sull’Oreb per ascoltare la Parola. Avvengono manifestazioni solitamente legate alle teofanie, ma “il Signore non era” in esse. Bisogna che Elia faccia attenzione e silenzio per potere sentire e riconoscere la voce di Dio nel sussurro di una brezza leggera (letteralmente: la voce del silenzio). È il particolare “stile” di Dio, che per manifestare la sua onnipotenza sceglie la debolezza, quasi l’insignificanza, il farsi piccolo per fare posto all’altro.
Anche nel Vangelo gli apostoli stentano a riconoscere Gesù. Tutti presi dalla preoccupazione per la tempesta in cui si trovano, quando scorgono Gesù lo scambiano per un fantasma.
L’evangelista, raccontando questo evento, sta parlando ad una comunità che attraversa la tempesta della persecuzione e forse comincia a chiedersi se non abbia creduto in un “fantasma”, in qualcosa di irreale, in una fantasia.
A loro e a noi oggi Gesù dice: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» “Sono Io” è quel “Io Sono” che traduce il tetragramma divino JHWH, il “nome” rivelato a Mosè e che andrebbe meglio tradotto con “Io ci sono”, “io sono presente”. Anche quando attraversiamo le tempeste della vita, Dio non è lontano, non si è dimenticato di noi, ma è lì presente e ci chiede di fidarci di Lui.
Pietro vuole una prova della reale presenza di Gesù: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». E Gesù glielo comanda: Pietro, guardando Gesù, fidandosi di Lui, lascia la sicurezza della barca ed è capace di camminare sulle acque in tempesta. Quando però permette che la paura per il vento e il mare grosso prendano in sopravvento, comincia ad affondare. Anche in qual frangente però, Pietro ha un estremo slancio di fiducia: «Signore, salvami!».
Anche a ciascuno di noi può capitare di attraversare le “tempeste della vita”, di non sentire più la presenza del Signore. Anche in quei frangenti, non lasciamo che lo strepito della tempesta ci impedisca di ascoltare la “voce della brezza leggera”. Non lasciamo che si insinui il dubbio nella nostra vita.
È tale il modo di agire di Dio, infatti, che può capitare che ciò che appare chiaro in un istante per opera dello Spirito, non lo sia più in seguito; può capitare che nel cuore si insinui il dubbio. Non il dubbio su Dio, ma su se stessi: «Avrò capito bene? Non avrò frainteso? È veramente questa la volontà di Dio?». Camminare nella fede, avere il coraggio della fede, significa non avere altra evidenza che la parola di Dio una volta ascoltata dentro di sé; richiamare alla memoria quel momento di chiarezza e fidarsi di Dio anche contro ogni evidenza. «Coraggio sono io, non abbiate paura».
Ci apprestiamo a festeggiare la solennità di Maria SS. Assunta in Cielo, impariamo dalla nostra santissima Madre il coraggio della fede. Per tutta la sua vita Maria ha camminato nella fede continuando con coraggio a seguire il Figlio anche quando non comprendeva le sue azioni, anche quando il suo popolo lo rifiutava. Penso di potere affermare, però, che l’atto più grande del coraggio della fede, Maria lo compie sul calvario ai piedi della Croce: come riconoscere nel suo Figlio crocifisso e morente il Messia atteso, il Figlio dell’Altissimo? Eppure Maria è lì e continua a credere. Stando «presso la croce di Gesù», è come se Maria continuasse a ripetere in silenzio, con i fatti: «Eccomi! Sono qui, mio Dio; continuo ad avere fiducia». Umanamente parlando, ci sarebbero stati tutti i motivi, per Maria, di gridare a Dio: «Mi hai ingannata!» e scappare giù per il Calvario. Alcuni discepoli lo fecero convinti di essersi ingannati seguendo quel Maestro: «noi credevamo che fosse lui il Messia» (Lc 24, 21). Maria, invece, non scappò, ma rimase «in piedi», in silenzio, e così facendo è divenuta, in modo tutto speciale, martire della fede, testimone suprema della fiducia in Dio, dietro il Figlio.
Pietro, invitato dal Signore a seguirlo sulle acque in tempesta, dubita e per questo rischia di affondare: è il suo dubbio, la sua poca fede, la sua paura a trascinarlo nel caos delle acque in tempesta. Maria nell’ora delle tenebre è capace di seguire il suo Figlio e Maestro senza dubitare, senza lasciarsi sopraffare dalla paura.
Impariamo dalla nostra Madre Celeste a fidarci di Dio, a non lasciarci vincere dal dubbio a dalla paura. Anche quando ci troviamo “nella tempesta”, quando non comprendiamo dove la volontà di Dio ci stia conducendo, quando il Maestro ci sembra solo “un fantasma”, un sogno o magari il frutto della nostra immaginazione; anche allora non cediamo alla paura, e, facendo memoria di quei momenti di chiarezza che il Signore ci ha donato, imitiamo il coraggio della nostra Madre celeste.
Invochiamo il coraggio della fede anche per quei cristiani che ancora subiscono la persecuzione violenta. Penso ai cristiani iracheni, ma anche a quelli nigeriani e a tutti i nostri fratelli perseguitati. Maria, la donna coraggiosa, interceda per noi e ci conceda di vincere le nostre paure per riconoscere e compiere sempre più perfettamente la volontà di Dio.
Fra Marco