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Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui.

10/11/2013

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«Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». (2Mac 7,1-2. 9-14)

«Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.» (2Tes 2,16 – 3,5)

«… quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, … sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui.» (Lc 20,27-38)

La Parola di oggi ci mette dinanzi la realtà della resurrezione dei corpi per la vita eterna alla fine dei tempi. Un articolo della nostra professione di fede: «Aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.»

Noi lo proclamiamo, ma siamo consapevoli che è difficile vivere esistenzialmente questa fede, perché la nostra cultura scientifica e razionalista ci dice che è impossibile la resurrezione della carne. L’uomo, quindi, è diviso tra il desiderio di “ulteriorità” che sente nel suo intimo (“non può finire tutto qui”) e l’impossibilità scientifica della resurrezione. Per questo si rifugia in credenze di matrice orientali che, però, parlando di reincarnazione, gli fanno perdere il senso della sua individualità; o vive ancorato a questo mondo tutto in tensione verso una sorta di “vita futura” nella memoria dei suoi discendenti a cui lasciare le proprietà accumulate. È quest’ultima la logica della legge del levirato richiamata dai Sadducei nel Vangelo.

Nel Vangelo, provocato dai Sadducei, Gesù dice una parola autorevole sul tema della resurrezione. I Sadducei sono forse influenzati dall’antropologia dualistica dell’ellenismo che vede nel corpo la prigione dell’anima e la radice di ogni male (quanto questa antropologia, estranea alla Rivelazione, ha influenzato anche il nostro modo di pensare!). Aspirano, quindi alla liberazione dell’anima dal corpo e vedono come impensabile la risurrezione dei corpi. La loro argomentazione, però, pur rifacendosi alla legge mosaica del levirato, mostra una concezione errata sia della vita futura che della donna e del matrimonio. La donna è vista come una proprietà che tutti e sette i fratelli del racconto hanno il diritto di rivendicare. Non a caso, nel parallelo di Marco, Gesù li rimprovera: «Siete in grande errore!» (Mc 12, 27). Nella sua risposta il Maestro non si concentra tanto sul “come”, ma attesta la realtà della resurrezione rifacendosi anche Lui alla tradizione mosaica: il modo in cui Dio si presenta a Mosè: «il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe». Al tempo della rivelazione a Mosè, Abramo, Isacco e Giacobbe erano ormai morti da generazioni. Se questi patriarchi con la loro morte avessero cessato di esistere, allora Dio sarebbe un Dio dei morti, degli inesistenti, e quindi morto/inesistente egli stesso. Dio, invece «non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Anche i fratelli di cui ci narra la prima lettura mostrano di avere questa fede ed è essa a dare loro la forza di rimanere fedeli a Dio anche nella persecuzione.

Quanto al “come” della resurrezione ciò resta un mistero. Gesù si limita a dire che saremo come angeli. L’appellativo di figli di Dio mi richiama la prima lettera di Giovanni nella quale si dice: «Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato» (1Gv 3,2). Non sappiamo come avverrà la resurrezione della carne e come sarà questa carne; sappiamo però che Gesù è risorto come primizia e possiamo quindi intuire, contemplando Lui risorto, il corpo della resurrezione sarà un “corpo glorioso”, spirituale, capace di entrare a porte chiuse eppure tangibile. Sarà il “nostro” corpo pur non essendo “questo” corpo soggetto alla corruzione.

Confortati da questa fede, viviamo la vita tenendo lo sguardo fisso alle realtà ultime.

Fra Marco.


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    Mi presento ...

    Fra Marco. Frate cappuccino e sacerdote. Sono un sognatore, se per sognatore si intende chi cerchi un mondo dove sia l’Amore, quello vero, la regola delle relazioni. Credo che l’amore sia quella forza capace di cambiare il mondo attorno a noi per farlo diventare migliore… in ogni senso 
    Ho preso il nome del blog dal titolo di una canzone di Eros Ramazzotti, perchè amo la musica italiana, specialmente quella che è poesia.
    Forse perchè mi piace sognare, amo il genere Fantasy, quel mondo in cui, al di là dell’ambientazione favolistica, sono i valori che regolano le azioni e le scelte e che compiono la vera magia… Pax

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