È da sottolineare fin da subito che la Regola Bollata si apre e si chiude con il richiamo alla osservanza del santo Vangelo e all’obbedienza alla Chiesa cattolica. S. Francesco non separa mai le due cose, sono un unico mistero di salvezza: il Vangelo va osservato in obbedienza alla Chiesa.
Cristo, incontrato nel Crocifisso, nell’Eucaristia e nel Vangelo, è presente nella Chiesa. Francesco sa che per viver la Comunione con il suo Divino Maestro, deve vivere in comunione con La Chiesa. Sa Che senza la Chiesa è impossibile vivere il Vangelo.
Francesco vuole avere Frati che garantiscano una fedeltà assoluta alla Chiesa e ai suoi insegnamenti. Nella regola infatti prescrive: «I ministri poi diligentemente li esaminino [i candidati] intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa»; e nella Rnb scrive « Tutti i frati siano cattolici e vivano e parlino cattolicamente. Se qualcuno a parole o a fatti si allontanerà dalla fede e dalla vita cattolica e non se ne sarà emendato, sia espulso totalmente dalla nostra fraternità.»
Francesco ama la Chiesa e vuole che anche i suoi frati la amino, però questo amore non deve essere un amore ideale/non concreto, infatti desidera che esso sia espresso in modo particolare e concreto nei confronti del papa e del cardinale protettore (che ne fa le veci presso l’Ordine a causa della difficoltà di ricorrere al papa direttamente).
Questo amore non deve essere condizionato dal prestigio personale di cui godono tali personalità; sappiamo, infatti che la Curia Romana all’epoca di Francesco non godeva di grande stima (lo stesso Crocifisso a S. Damiano parla di una Chiesa che va in rovina). Così un contemporaneo di Francesco, Giacomo da Vitry si esprime in una sua lettera del 1216: « Avendo frequentato per qualche tempo la Curia, vi ho trovato parecchie cose contrarie al mio spirito. Tutti erano così occupati nelle cose temporali e mondane, in questioni di re e di regni, in liti e processi, che appena permettevano che si parlasse di qualche argomento di ordine spirituale.» (FF 2204).
Francesco è pienamente cosciente di ciò ed è anche cosciente di avere ricevuto la sua Forma di vita dal Signore. Ciononostante, Francesco vuole sottomettere la sua ispirazione all’obbedienza al Papa e nel 1209 si reca a Roma dove riceverà l’approvazione verbale di Innocenzo III alla primissima regola (ormai perduta). Le biografie ci narrano come, effettivamente, solo grazie ad un intervento divino il sommo Pontefice lo accolse ed esaudì la sua richiesta.
S. Francesco, oltre che per il papa e il cardinale protettore, ha venerazione anche per i vescovi. Non vuole chiedere, né vuole che i frati chiedano, privilegi che possano andare contro il parere del vescovo: «io intendo innanzi tutto convertire i prelati con l’umiltà e il rispetto. E quando essi constateranno la nostra vita santa e la reverenza di cui li circondiamo saranno loro stessi a pregarvi di predicare e convertire il popolo. E attireranno a voi la gente meglio dei privilegi da voi agognati, che vi indurrebbero a insuperbire. Se sarete liberi da ogni tornaconto e persuaderete il popolo a rispettare i diritti delle chiese, i prelati vi chiederanno di ascoltare le confessioni dei loro fedeli.» (FF 1674).
E, infine, nel Testamento: « Poi il Signore mi dette e mi dà tanta fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a causa del loro ordine, che se mi dovessero perseguitare voglio ricorrere ad essi. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie dove abitano, non voglio predicare contro la loro volontà. E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori, e non voglio in loro considerare il peccato, poiché in essi io vedo il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dell’altissimo Figlio di Dio nient’altro io vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il sangue suo che essi soli consacrano ed essi soli amministrano agli altri.» (FF 112-113).
Mi sembra chiaro che, quando Francesco parla di sacerdoti poverelli, non intende solo poveri di cose materiali, ma soprattutto poveri culturalmente e, forse, anche poveri di valori. A loro sceglie di obbedire. Nella citazione del Testamento, è chiaro quale sia il motivo di tale obbedienza: in prima istanza il sacramento dell’Ordine che li ha resi ministri di Cristo, particolarmente assistiti dallo Spirito Santo a causa del loro ministero (la “grazia di stato”).
Lo Spirito Santo, infatti, assiste la Chiesa in tutti i suoi membri dando ad essi la Grazia in funzione del ruolo che svolgono all’interno del corpo ecclesiale:
« Egli [lo Spirito Santo] introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo». (LG 4)
L’obbedienza ai vescovi e ai chierici, però, non impediva che Francesco fosse umilmente fermo nelle sue richieste che sapeva essere di ispirazione divina. L’Obbedienza fondamentale, infatti e quella fatta a Dio. Per la fede che lo Spirito guida la Chiesa, tuttavia, non potrà esserci autentica obbedienza a Dio fuori dalla Chiesa.