«Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.» (Col 1, 12-20)
«Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”. L’altro invece lo rimproverava dicendo: “Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male”. E disse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”». (Lc 23, 35-43)
Oggi, ultima domenica del tempo ordinario, celebriamo la solennità di Cristo re dell’universo. Il Vangelo, però, ci presenta Cristo crocifisso e oltraggiato; non certo un re come lo intende il mondo. Tuttavia, proprio in questo contesto così lontano dalla regalità secondo il mondo, il “buon ladrone” è capace di riconoscere in quell’uomo crocifisso un re: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”.
Infatti, è proprio sulla croce che Gesù manifesta pienamente la sua regalità: non si lascia condizionare, non si lascia sopraffare da tutta la cattiveria e il male del mondo; non subisce gli eventi, ma li vive trasformandoli in un’offerta d’amore. Altrove Gesù aveva affermato: «nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso» (cfr. Gv 10,18). È qui sulla croce, quindi, che Gesù è veramente re secondo il cuore del Padre. Vince contro il peccato del mondo offrendo la propria vita e perdonando i suoi crocifissori; vince contro il tentatore che, attraverso chi gli sta attorno, continua a chiedergli di salvare se stesso.
“Salva te stesso”: un invito che torna tre volte in questa breve pagina del vangelo. È la prospettiva egoistica ed egocentrica che regola il mondo. Il tentatore continua a chiedergli di preferire l’egoismo all’amore, l’illusione di salvare se stesso non fidandosi dell’amore del Padre, ma Gesù non cade nell’inganno e con una libertà veramente regale si offre per Amore.
In questo giorno in cui celebriamo la regalità di Cristo siamo chiamati anche a fare memoria della nostra regalità. Nella prima lettura le tribù d’Israele fanno una professione di appartenenza a Davide che richiama il libro della Genesi (cfr. Gen 2,23): Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Un’espressione che allude ad un’appartenenza intima. Sappiamo che Davide è un’immagine (un Typos) di Cristo re messia. Anche noi, infatti, possiamo dire a Cristo “Ecco noi siamo tue ossa e tua carne”. Come ci ricorda S. Paolo nella seconda lettura, la Chiesa è il corpo di Cristo. Noi tutti siamo innestati in Cristo per il battesimo. Proprio per questo ogni battezzato è con Cristo re, sacerdote e profeta.
Come Cristo, che oggi contempliamo re, anche noi siamo chiamati a vivere la nostra regalità sul peccato, sule passioni, sul giudizio del mondo … siamo chiamati a trasformare la nostra vita in un’offerta d’amore. Non lasciamoci condizionare dal “che penseranno?”; non viviamo come schiavi delle nostre passioni e dei piaceri passeggeri; non lasciamoci prendere dall’illusione: “se non ci salviamo da noi, saremo persi”; è esattamente il contrario: “chi perderà la vita per causa mia, la salverà” (cfr. Mt 16,25). Riconosciamo la Signoria di Cristo sulla nostra vita. Obbediamo a Lui per sperimentare la pienezza della regalità nella nostra vita. Impariamo dal nostro maestro Gesù Cristo la regalità “a gloria di Dio Padre” (Cfr. Fil 2,11)
fra Marco