«Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, … la testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo.» (1Cor 1,3-9)
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.» (Mc 13,33-37)
“Vegliate!” È con questo imperativo, ripetuto, che si apre il Tempo di Avvento, un tempo liturgico caratterizzato dall’attesa. Un’attesa che da il carattere a tutto l’anno liturgico e a tutto il Tempo della Chiesa che celebra“nell’attesa della Tua venuta”. I Padri della Chiesa ci parlano di una triplice venuta cui prepararsi: il Signore Gesù che viene oggi in mezzo a noi nella liturgia, perché è venuto già nella nostra natura umana, è lo stesso che verrà un giorno nella gloria.
Attendendo questa venuta, siamo invitati a vegliare. A questo verbo possiamo dare almeno tre “sfumature” che indicano altrettanti atteggiamenti che siamo chiamati ad assumere: stare svegli, stare attenti (vigili) e fare vigilia.
Siamo invitati a stare svegli, a non lasciarci prendere dal torpore spirituale nel quale il mondo vorrebbe indurci. La prima lettura lamenta: nessuno si risvegliava per stringersi a te. Il mondo e la vita di ogni giorno possono prenderci tanto da far si che ci “addormentiamo” accomodandoci (accontentandoci) di ciò che viviamo senza aspettare più niente, senza speranza. Lo stare svegli, inoltre, significa l’essere pronti a riconoscere il Signore quando viene a visitarci, nel povero o nel malato, e accoglierlo.
Siamo invitati ad essere vigili, attenti a non cadere nelle trappole del diavolo che “come leone ruggente va in giro cercando chi divorare”; la trappola più pericolosa è l’insinuazione che il Padre non ci ama, che ci ha abbandonati, che dobbiamo salvarci la vita da soli, perché nessuno si prende cura di noi. Facciamo attenzione ad usare bene del dono della vita e del tempo che il Signore ci concede: ne dovremo rendere conto; però non dubitiamo mai dell’amore del nostro Padre celeste che non ci ha abbandonati, ma si prende cura di noi, anche in modi misteriosi e non sempre comprensibili.
Siamo invitati, infine, a “fare vigilia”, a vivere questo tempo come un tempo di attesa gioiosa e piena di entusiasmo: viene il Signore della Vita, viene a incontrarci e ad introdurci nella comunione piena con Lui! La gioia deve caratterizzare la nostra attesa: un’attesa piena di speranza che non resterà delusa (se restiamo delusi significa che non aspettiamo il Signore, ma ciò che noi vogliamo che ci doni: Gesù non è babbo natale!). Il tempo della vigilia, però, oltre che dalla gioia è caratterizzato dalla necessità di prepararsi all’incontro con Lui, perché possiamo entrare con Lui nella Gloria del Padre. È questo il senso della “penitenza” cui ci richiama il Tempo liturgico dell’Avvento, una penitenza che è un “convertirci”, un cambiare la direzione della nostra vita, un decentrarci per fare spazio a Colui che viene.
Proprio nel contesto della “penitenza”, oso proporre un piccolo esercizio cui mi richiama la Parola di Dio:
Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. (Fil 4,4-7).
Credo che il modo più immediato di mettere in pratica questa parola sia quello di avere sempre un volto sorridente per tutti, disporci sempre ad accogliere l’altro. Non credo che sarà semplice, … ma il Signore è vicino!
Buon Avvento, fra Marco