«Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.» (2Tes 2,16 – 3,5)
«… quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, … sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui.» (Lc 20,27-38)
La Parola di oggi ci mette dinanzi la realtà della resurrezione dei corpi per la vita eterna alla fine dei tempi. Un articolo della nostra professione di fede: «Aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.» Noi lo proclamiamo, ma siamo consapevoli che è difficile vivere esistenzialmente questa fede, perché la nostra cultura scientifica e razionalista ci dice che è impossibile la resurrezione della carne.
L’uomo, quindi, è diviso tra il desiderio di “ulteriorità” che sente nel suo intimo (“non può finire tutto qui”) e l’impossibilità scientifica della resurrezione. Per questo si rifugia in credenze di matrice orientali che, però, gli fanno perdere il senso della sua individualità; o vive ancorato a questo mondo tutto in tensione verso una sorta di “vita futura” nella memoria dei suoi discendenti a cui lasciare le proprietà accumulate. È quest’ultima la logica che sta a fondamento della legge del levirato richiamata dai Sadducei nel Vangelo.
Provocato dai Sadducei, Gesù dice una parola autorevole sul tema della resurrezione. I Sadducei, difensori della legge del levirato, forse vedono in esso un mezzo per continuare ad avere proprietà e un ruolo di rilievo nella società; forse sono anche influenzati dall’antropologia dualistica dell’ellenismo che vede nel corpo la prigione dell’anima e la radice di ogni male (quanto questa antropologia, estranea alla Rivelazione, ha influenzato anche il nostro modo di pensare!) e aspirano, quindi alla liberazione dell’anima dal corpo vedendo come impensabile la risurrezione dei corpi.
Quale che sia la loro motivazione, la loro argomentazione, però, pur rifacendosi alla legge mosaica del levirato, mostra una concezione errata sia della vita futura, sia della donna e del matrimonio. La donna, infatti, è vista come una proprietà che tutti e sette i fratelli del racconto hanno il diritto di rivendicare. Non a caso, nel parallelo di Marco, Gesù li rimprovera: «Siete in grande errore!» (Mc 12, 27). Nella sua risposta il Maestro non si concentra tanto sul “come”, ma attesta la realtà della resurrezione rifacendosi anche Lui alla tradizione mosaica: il modo in cui Dio si presenta a Mosè: «il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe». Al tempo della rivelazione a Mosè Abramo, Isacco e Giacobbe erano ormai morti da generazioni. Se questi patriarchi con la loro morte avessero cessato di esistere, allora Dio sarebbe un Dio dei morti, degli inesistenti, e quindi morto/inesistente egli stesso. Dio, invece «non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Anche i fratelli di cui ci narra la prima lettura mostrano di avere questa fede ed è essa a dare loro la forza di rimanere fedeli a Dio anche nella persecuzione.
Quanto al “come” della resurrezione, resta un mistero. Gesù si limita a dire che saremo come angeli. L’appellativo di “figli di Dio” mi richiama la prima lettera di Giovanni nella quale si dice: «Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato» (1Gv 3,2). Non sappiamo come avverrà la resurrezione della carne e come sarà questa carne; sappiamo, però, che Gesù è risorto come primizia e possiamo quindi intuire, contemplando Lui risorto, che il corpo della resurrezione sarà un “corpo glorioso”, spirituale, capace di entrare a porte chiuse eppure tangibile. Sarà il “nostro” corpo pur non essendo “questo” corpo soggetto alla corruzione.
Confortati da questa fede, viviamo la vita tenendo lo sguardo fisso alle realtà ultime.
Fra Marco.