« … quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri.» (Fil 4,6-9)
« … Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini? Gli risposero: “Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo”» (Mt 21,33-43)
In questa XXVII domenica del T. O. la Parola ci colloca ancora all’interno di una vigna. Nella prima lettura è la vigna stessa che è protagonista: una vigna curata, alla quale il suo padrone non ha fatto mancare nulla, ma che invece di produrre uva buona, produce rovi, acini acerbi. Nel vangelo l’attenzione si sposta dalla vigna ai vignaioli, a coloro ai quali è affidata la vigna perché la curino e la facciano fruttificare: coloro che hanno ricevuto la fiducia del padrone della vigna si dimostrano ingrati e negano al padrone i frutti che gli devono; arrivano perfino ad uccidere il figlio del padrone per impadronirsi della vigna.
Fuori di parabola, è evidente che oggi la Parola ci parla della nostra ingratitudine e della troppo frequente sterilità della nostra vita: il Signore ci riempie di grazia, è prodigo di doni nei nostri confronti e noi troppo spesso questi doni li lasciamo infruttuosi o, peggio, vogliamo appropriarcene e pecchiamo di irriconoscenza nei suoi confronti.
Ciò purtroppo è vero sia a livello di società, sia a livello individuale: a livello sociale, la nostra è una società che con orgoglio rivendica le proprie radici cristiane ma che non sempre vive in conseguenza di esse; una società che si ribella quando si minaccia di togliere i crocifissi dalle aule scolastiche, ma per la quale il crocifisso è spesso ridotto ad un semplice decoro svuotato del suo significato; una società alla quale dà fastidio che i profeti/pastori facciano sentire la propria voce; … una società, insomma, che ha cacciato il Figlio di Dio per appropriarsi della vigna.
A livello individuale, poi, quante volte pecchiamo di ingratitudine, quante volte siamo simili alla vigna ben curata, ma che non produce grappoli buoni? Quante Grazie sprecate, quanta Parola di Dio lasciamo cadere inascoltata, quante volte invece della giustizia, dell’amore, della misericordia nel nostro cuore coltiviamo rancori, sentimenti di vendetta, desiderio di prevaricare i nostri fratelli?
Ravvediamoci, convertiamoci e impariamo a fare tesoro della Grazia di Dio, attingiamo a piene mani ai Suoi doni per farli fruttificare. Impariamo a “restituire a Dio” ciò che gli è dovuto: la lode, il ringraziamento, il riconoscimento che tutto ciò che di buono è nella nostra vita viene da Lui e va speso per la Sua gloria. Accogliamo l’invito della seconda lettura in cui l’apostolo Paolo ci invita a rallegrarci e rendere grazie; a elevare i nostri pensieri e a coltivare nei nostri cuori quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode.
Fra Marco