«Anche a te una spada trafiggerà l’anima». Così le aveva predetto il santo Simeone. Siamo dinanzi ad una diversa, ma non per questo meno dolorosa, forma di martirio: una madre condannata a vedersi morire innanzi agli occhi, giustiziato con barbari tormenti, un figlio innocente ed amato con tutto il suo affetto.
«Stava presso la croce di Gesù sua madre.» l’evangelista Giovanni si limita a queste poche parole per descrivere il martirio di Maria. Come, in effetti, si può descrivere il dolore di questa madre? Gesù è piagato dalle frustate ricevute, spossato dall’avere portato il patibulum (la traversa orizzontale della croce), spogliato delle vesti e inchiodato alla croce. Tutti lo hanno abbandonato: «Quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo» (Mt 27, 39); altri gli dicevano in faccia: «Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!»; altri: «Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso»; altri ancora: «È il re d’Israele, scenda ora dalla croce» (Mt 27, 42).
Maria, però non lo ha abbandonato e unisce il suo dolore a quello del Figlio. S. Agostino arriva ad affermare: «La croce e i chiodi del Figlio furono anche della Madre; con Cristo crocifisso era crocifissa anche la Madre». Quel che facevano i chiodi nel corpo di Gesù, infatti, operava l’amore nel cuore di Maria. In questo modo, nello stesso momento in cui il Figlio donava la sua vita, la Madre offriva la propria.
A Maria è negata fin’anche l’ultima consolazione. Se mai una madre, infatti, è costretta ad assistere il figlio che muore, ella cerca di procurarsi tutti i sollievi che può dargli; va accomodandogli il letto, in modo che stia più comodo; gli va somministrando rinfreschi; in tal modo la povera madre, accudendo il figlio, va consolando il suo dolore. Anche questo fu negato a Maria: poté assistere all’agonia del figlio, ma non poté dargli alcun conforto. Tale è lo strazio di Maria che s. Bernardo ci dice: «non aveva più voce; moriva vivendo, viveva morendo: né poteva morire, perché pur vivendo era come morta».
Se possiamo chiamare tale sofferenza “martirio”, cioè, testimonianza, è perché Maria per prima e dopo di Lei tutti i martiri della Chiesa, è stata capace di testimoniare la propria fede e il proprio amore a Cristo restando unita a Lui anche quando questo amore la inchiodava alla croce della sofferenza. Facilmente, infatti, vogliamo rimanere uniti a Gesù quando guariscce o moltiplica il pane: in queste occasioni era grande la fola attorno al Maestro; ma solo in pochi restano uniti al Signore quando sale sulla croce.
Il martirio è una testimonianza credibile, resa tale dalla sofferenza sopportata per essa. Maria, sotto la croce, è testimone di una grande fede, una fede realmente feconda e capace di portare frutto. La Madre sta lì sotto la croce, in silenzio, senza lamentarsi del suo dolore, rinnovando l’offerta delle propria vita. Con la sua fede, Maria, sotto la croce, diviene la madre di tutti i credenti. Mi piace, infine, pensare con S. Alfonso M. de’Liguori, che il primo frutto del “martirio” di Maria che ha unito la propria vita all’offerta del Figlio, sia stata la conversione del “Buon Ladrone”. È forse per le sue preghiere che il Buon Ladrone si è convertito ed ha ottenuto in punto di morte il paradiso.
Impariamo da questa Santissima Madre a restare uniti a Gesù anche quando il maestro ci chiede di portare la croce insieme a Lui. Impariamo a riconoscere il valore della sofferenza unita a quella di Gesù: se anche il maestro, insieme a Lui ci chiedesse di salire sulla croce, non dubitiamo del Suo amore, restiamo fedeli e sperimenteremo, nella vita nostra e di coloro che ci stanno accanto, frutti preziosi.
Fra Marco