«Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.» (Eb 12,5-7.11-13)
«Un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Disse loro: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.”» (Lc 13,22-30)
Il Vangelo di questa XXI Domenica TO ci pone dinanzi la questione della salvezza: “sono pochi quelli che si salvano?”. A tale domanda Gesù non risponde direttamente. In effetti, la domanda è posta male: sembra una curiosità su gli altri (essi). Gesù invece, approfitta della domanda per esortare gli astanti (compreso il tale che pone la questione): “(voi) Sforzatevi di entrare per la porta stretta”. Ciò che più ci deve urgere non è tanto la curiosità oziosa e pettegola se Tizio e Caio si salveranno o se i musulmani o gli induisti si salveranno; ciò che con più urgenza mi devo chiedere è: “Io mi salverò?”.
Gesù oggi ci esorta ad entrare per la “porta stretta”. Come sapete, le città antiche, circondate da mura, avevano delle porte grandi e spaziose che permettevano l’accesso di un gran numero di persone. Durante la notte, però, per sicurezza, queste porte erano chiuse e, se qualcuno avesse avuto necessità di entrare in città dopo il tramonto, doveva passare per una porticina che permetteva l’accesso di una sola persona alla volta in modo che il custode potesse riconoscerlo e permettere o negare l’accesso. Per entrare, quindi, bisognava essere riconosciuti.
Ciò che ci permetterà, allora, di accedere alla salvezza, sarà l’essere riconosciuti dal Padre, l’esserci conformati a Cristo, l’esserci rivestiti di Cristo. Diversamente (“Non so di dove siete”), non potremo entrare. Se non ci saremo conformati a Cristo, non ci servirà a niente la nostra appartenenza ad un popolo o ad una congregazione; non ci servirà a niente essere stati a Piazza S. Pietro durante l’udienza del Papa o l’avere partecipato alla GMG (“ … tu hai insegnato nelle nostre piazze”)… Se non avremo i tratti distintivi del Figlio di Dio, non ci servirà a niente persino essere stati presenti a Messa ogni domenica (magari con la testa e il cuore altrove: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza”). Ciò che importa è l’impegno che avremo messo per conformarci a Cristo, per rendere manifesta quella conformazione iniziata con il nostro Battesimo.
Quali sono, allora, i tratti distintivi del Figlio di Dio? Oggi Gesù ci è presentato mentre si dirige a Gerusalemme e sappiamo bene che lì sarà crocifisso per la nostra salvezza. Da risorto, entrando nel cenacolo, per essere riconosciuto mostra agli apostoli le mani e il costato piagati dalla croce. Ecco allora da cosa potremo essere riconosciuti come conformi a Lui: se avremo fatto della nostra vita un dono d’amore, se saremo stati capaci di portare con amore la nostra croce, se Lo avremo seguito sulla via del Calvario unendo la nostra vita alla Sua per la salvezza del mondo.
Il Maestro è esigente, ma non preclude a nessuno la salvezza: “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.” A condizione di essere trovati conformi a Cristo, la salvezza è offerta a tutti.
Sforzatevi di entrare per la porta stretta. Una sottolineatura vorrei farla, infine, sulla necessità dello “sforzo”, dell’impegno: il Signore è esigente e non si accontenta di niente di meno che di tutto il nostro impegno. Il Signore guarda il cuore: ciò che importa è l’amore che mettiamo in ciò che facciamo, l’impegno con cui lo facciamo. Può accadere che questo nostro impegno non sortisca l’effetto che vorremmo. Può accadere anche che il Signore stesso, perché non montiamo in superbia, permetta che il nostro impegno non porti i frutti desiderati. Ricordiamo che più che ai frutti, il Signore guarda l’amore e l’impegno che avremo messo nelle nostre azioni. Concludo con una citazione della beata Madre Teresa di Calcutta che il 4 settembre prossimo sarà proclamata santa: “Non importa fare grandi cose, ma fare le cose con grande amore”.
Fra Marco.