Perché non ci è dato di morire insieme? Sarebbe il desiderio più vivo dell’amore, una nuova benedizione nuziale alla quale si consentirebbe con gioia. Ma il caso è molto raro. La Provvidenza ha altri fini. Alcuni sono evidenti. Altri ci sfuggono. Allora la fede è difficile. Ci si crede vittime della fatalità, e non si riflette che, anche con la morte, l’amore resta un dono insigne. In una casa ci sono disgrazie ben più gravi della morte! Quante tragedie senza che nessuno sia scomparso, e quanta tenerezza conservata nell’assenza delle persone care!
La morte non è sempre una nemica. Mentre la subisce, l’amore è capace di vincerla. Vivere significa spesso separarsi; morire vuoi dire invece riunirsi. Non è un paradosso: per coloro che sono arrivati all’amore più grande, la morte è una consacrazione e non una rottura. In fondo, nessuno muore veramente, perché nessuno può uscire da Dio. Colui che ci è parso arrestarsi improvvisamente continua la sua strada. È stato come voltare una pagina, mentre scriveva la sua vita. Di lui abbiamo perduto ciò che possedevamo temporaneamente; ma si possiede per l’eternità solo ciò che si è perduto. La vita e la morte non sono che aspetti diversi di un unico destino; quando vi si entra col cuore, non si distingue più (A.G. SERTILLANGES, Nos disparus, Paris 1970, 5-10, passim).