«Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.» (Fil 1,20-24.27)
«“Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”» (Mt 20,1-16)
In questa XXV domenica del TO la Parola di Dio ci ricorda che i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri: la Sua giustizia misericordiosa sovrasta la nostra come il cielo sovrasta la terra.
Questa discrepanza tra i nostri pensieri e la nostra giustizia e i pensieri e la giustizia di Dio, è ben rappresentata nella parabola del Vangelo. Gesù parte da un evento abbastanza comune: un proprietario terriero che, nel periodo della vendemmia, va in cerca di operai durante tutto il corso della giornata. I primi vengono assunti all’alba; gli ultimi, dopo essere stati rimproverati per essere rimasti oziosi tutta la giornata, vengono mandati nella vigna “verso le cinque”. Con i primi si concorda la paga di un denaro, agli altri viene promesso “quello che è giusto”.
Al momento di pagare gli operai, ecco la sorpresa: a tutti viene data la medesima paga di un denaro. È a questo punto che gli “operai della prima ora” insorgono pensando di essere stati defraudati: coloro che hanno lavorato un’ora soltanto vengono trattati come loro che hanno sopportato il peso di una giornata; ciò non è secondo giustizia, loro meritano di più!
Ecco che si manifesta la grande distanza tra i pensieri di Dio e i nostri pensieri, tra la Sua giustizia e la nostra: noi giudichiamo in ragione del merito, abbiamo una “logica servile”: lavoro per essere “pagato”, faccio ciò che devo fare per la ricompensa; più e meglio lavoro, più ricompensa merito. Il Padre, invece (pur senza violare la giustizia umana: ai primi viene dato quanto concordato), non misura il merito, ma il bisogno; non ci considera salariati, ma figli! Proprio perché ci ama come figli, non vuole farci mancare ciò che è necessario.
Quante volte anche noi, come i farisei, pensiamo di essere creditori nei confronti del Signore, di meritarci il suo amore. Quante volte anche noi, come i farisei, ci permettiamo, dall’alto della nostra presunta giustizia, di condannare i fratelli; di additarli come indegni di ricevere l’amore del Signore.
“ … nessuno ci ha presi a giornata” Vorrei soffermarmi brevemente su questa risposta degli “operai dell’ultima ora” al rimprovero del padrone. Si trovano oziosi perché ancora non avevano incontrato il padrone. Appena lo incontrano anch’essi vanno nella vigna e si mettono al lavoro. Chissà quanti nostri fratelli “lontani” si trovano in quella condizione perché ancora non hanno incontrato il Signore; e magari proprio per colpa nostra che non siamo stati testimoni credibili!
Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo Questa esortazione di Paolo, con cui si conclude la seconda lettura, vale soprattutto per gli “operai della prima ora” chiamati ad annunciare la buona notizia del vangelo e a conformare la loro mentalità ai pensieri e alla giustizia misericordiosa di Dio e, sull’esempio di Paolo, a lavorare con frutto anelando solo alla comunione con Cristo.
Misericordioso e pietoso è il Signore Così abbiamo pregato nel salmo responsoriale. Smettiamo, quindi, di condannare i fratelli lontani, in situazioni di irregolarità; facciamoci strumenti della misericordia del Padre perché i “lontani”, gli “oziosi”, possano incontrare il Signore, sentirsi amati e chiamati alla comunione; perché lascino le vie di morte e possano ricevere quella Vita piena di cui tutti abbiamo bisogno.
Fra Marco