e si lascia trovare da quelli che la cercano.» (Sap. 6, 12-16)
«Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.» (1Ts 4, 13-18)
«A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.» (Mt 25, 1-13)
Essendo ormai prossimi alla conclusione dell’anno liturgico, in questa XXXII Domenica del tempo per annum, la Parola ci fa contemplare le “cose ultime”. La pericope evangelica, infatti, è tratta dal “discorso escatologico” del Vangelo di Matteo (capp. 24-25). Gesù sta rispondendo alla domanda fatta dai discepoli riguardo il “quando” della venuta gloriosa del Figlio dell’Uomo (Mt 24,3). Non ci è dato di sapere “l’ora” della venuta, ma è indispensabile farsi trovare pronti. È per questo motivo che il Maestro oggi ci invita alla vigilanza, a vegliare, a non lasciare che il protrarsi dell’attesa ci faccia dimenticare chi stiamo aspettando.
La parabola delle dieci vergini riguarda proprio l’esortazione alla vigilanza che si fa attesa di un evento che, per quanto possa “ritardare” rispetto alle nostre aspettative, di sicuro avverrà.
L’esortazione a vivere con “Sapienza”, presente nella prima lettura, significa anche questo: vivere cioè secondo la volontà di Dio. Siamo, infatti, esortati a cercare la Sapienza: cioè quel modo di “vivere bene” che si può apprendere solamente ascoltando e meditando la parola di Dio.
La Sapienza però, va “cercata”, “desiderata”, per essa bisogna “vegliare”; ci viene richiesto, quindi, un certo impegno, una “dolce fatica”: quella fatica che non viene percepita tale perché sostenuta dall’amore. Questo deve essere il nostro impegno nel meditare e comprendere sempre più pienamente la Parola di Dio.
Essere vigilanti nell’attesa, però, significa anche attrezzarsi per non essere trovati impreparati al momento dell’incontro con lo Sposo. Nella parabola evangelica, tutte e dieci le vergini hanno le lampade, ma solo le vergini sagge si procurano l’olio perché queste lampade possano risplendere.
Fuori di parabola, credo di potere comprendere che tutti i cristiani siamo, per grazia di Dio, nelle condizioni di risplendere della luce di Cristo. Solo coloro che vivono con Sapienza, però, restano vigili nella Speranza e vivono quindi una Fede operosa capace di mettere in pratica la Carità. Solo loro alla fine avranno raggiunto quella conformità a Cristo che li farà riconoscere come “giusti” e li ammetterà al “banchetto nuziale”.
Gli stolti, invece, coloro che vivono senza sapienza (quindi una vita “insipida”) sono coloro che hanno lasciato sopire la loro speranza (non sperano più nulla e non aspettano nulla); se vivono una parvenza di “fede”, questa è appunto una fede inoperosa, che non si traduce nella vita, ed è, quindi una “fede morta”, come la definirebbe S. Giacomo; spesso l’unico amore che li muove è un disordinato amore del proprio io; costoro, quindi, non si conformano al solo Giusto e non potranno essere da Lui riconosciuti ed introdotti al banchetto (in verità io vi dico: non vi conosco).
Non facciamoci trovare impreparati, ma procuriamoci per tempo “l’olio” per le nostre lampade in modo che possano splendere della Luce di Cristo.
Andate dai venditori e compratevene. I venditori, coloro presso i quali ci possiamo procurare l’olio che faccia splendere la nostra vita, sono i poveri, i piccoli. I primi discepoli di Gesù l’hanno capito subito. Veniamo dal celebrare la memoria di S. Martino (316-397) il cui gesto più famoso è l’avere tagliato il suo mantello per coprire un povero. Gesto simbolico di una vita in cui si prese cura degli ultimi della società. Come lui, i santi di ogni epoca hanno brillato di quella Carità operosa che nasce dalla Speranza certa fondata sulla Fede.
Illuminati dalla Parola e dall’esempio dei santi, allora, impariamo anche noi a vivere praticando la Sapienza che ci viene dal nostro Maestro.
Fr. Marco.