«La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.» (2Cor 13, 11-13)
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.» (Gv 3, 16-18)
La solennità della SS. Trinità che celebriamo oggi è una solennità “particolare”. Non facciamo, infatti, memoriale di un evento della salvezza, ma ci viene presentato il mistero centrale della nostra fede, quello che Gesù è venuto a rivelarci con tutta la sua esistenza terrena: l’identità di Dio.
Nella prima lettura abbiamo ascoltato un brano dell’Esodo in cui Mosè, dopo il peccato di idolatria del popolo (il vitello d’oro), sale per la seconda volta sul monte a ricevere le tavole della legge. In questo contesto, quasi a “correggere” l’errore del popolo che pensava JHWH come uno degli idoli dell’Egitto, il Signore proclama il Suo Nome, rivela la Sua identità: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”.
Non è raro che anche noi siamo tentati di “farci un dio” in cui credere, un dio che risponda alla nostra esigenza di “ragionevolezza”; spesso è un dio a “nostra immagine”: esigente, pronto a condannare, pronto a punire i nostri peccati; o, al contrario, un dio “senza pretese”, “bonaccione”, che , alla fine, … perdona tutti.
Il nostro Dio, invece, si rivela un Dio d’amore, misericordioso e pronto al perdono, ma che non tace la verità e corregge il peccato; un Dio che non rifiuta di camminare in mezzo al suo popolo, che si compromette con noi, che è pronto a scommettere su di noi. Il nostro Dio è il Padre che salva.
Proprio per salvarci, infatti, ha inviato il Figlio nel mondo: perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Credere nel Figlio di Dio, riconoscerlo Figlio, significa, però, anche credere nel Dio che Egli ci ha rivelato, nel Padre misericordioso che vuole che nessuno si perda. Lo stesso Padre che ha effuso il Suo Spirito che dentro di noi grida “abbà, Padre”.
È Lui il nostro Dio, il Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo; un solo Dio in tre Persone. Il Dio di Gesù Cristo, infatti, è agape, Amore che si dona, Amore/comunione dall’eternità. È proprio a questo mistero di comunione, infine, che ci rimanda S. Paolo nella seconda lettura invitandoci a vivere in comunione tra noi.
Apparentemente la Trinità è un mistero che sfida la nostra comprensione, eppure sono molteplici le immagini che lungo la storia i santi ci hanno consegnato per renderlo più comprensibile. È famosa la descrizione che della Trinità fa S. Agostino: l’Amante, l’Amato e l’Amore. Oggi voglio proporvi un’immagine/similitudine di una santa mistica del XII sec., Santa Ildegarda di Bingen:
«… come la fiamma è costituita da tre forze nel suo unico ardore, così un solo Dio è in tre Persone. Come? La fiamma arde di splendida chiarezza, di vigore purpureo e di igneo ardore. Arde di splendida chiarezza, perché risplenda, arde di vigore purpureo, perché fiorisca, ed è di ardore di fuoco, perché infiammi. Perciò, nella splendida chiarezza, tu consideri il Padre che, con amore paterno effonde sui suoi fedeli la sua splendida chiarezza. Nella nitidezza purpurea, che c’è dentro questa fiamma e con cui mostra la sua forza, intendi il Figlio che prese il corpo dalla Vergine, nel quale la divinità manifestò le sue meraviglie Nell’ardore del fuoco guarda lo Spirito Santo che nelle menti dei credenti soavemente brucia. Ma quando non ci sono né la splendida luminosità, né il purpureo vigore, né l’igneo ardore, non si vede la fiamma. Così dove né il Padre, né il Figlio, né lo Spirito Santo è adorato, ivi a Dio non si rende il degno culto. Per questo motivo, come in una fiamma si vedono queste tre forze, così nella unità della divinità sono da intendersi le tre Persone». (S. Ildegarda di Bingen, Scivias)
Fra Marco.