«… anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, … Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime.» (1Pt 2, 20-25)
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. … Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». (Gv 10, 1-10)
In questa quarta domenica di Pasqua la Parola di Dio ci presenta Gesù come “la Porta”, dalla quale si accede alla Vita, e il Pastore che si prende cura delle sue pecore. A questo si unisce l’invito dell’apostolo Pietro a “salvarci” da questa generazione e a seguire il pastore e custode delle nostre anime.
Spesso nell’Antico Testamento Dio è presentato come “Pastore” per sottolinearne la cura amorosa verso il popolo-pecore; una cura che si fa presente anche attraverso i re che “pascevano” il popolo in nome di Dio. Oggi, tuttavia il paragone popolo-pecore è percepito come offensivo; dire ad una persona che è “come una pecora”, significa sottolinearne la mancanza di libertà, giustamente, considerata caratteristica irrinunciabile della persona.
Cosa significa, però, essere liberi? Una risposta potrebbe essere: “decidere autonomamente che cosa fare”; espresso in termini più semplici: “fare quello che si vuole”. Ma cosa significa “quello che si vuole”? È “quello che ci passa per la testa” in un dato momento, o è ciò che soddisfa il nostro desiderio profondo: la felicità?
Credo sia un dato evidente per esperienza che, se facessimo sempre tutto ciò che “ci passa per la testa”, in poco tempo ci rovineremmo la vita. Ritengo, inoltre, che non potremmo essere definiti liberi, ma schiavi delle nostre passioni e del desiderio del momento che ci impediscono di realizzare la nostra felicità.
La vera libertà , allora, sta nel fare ciò che soddisfa la nostra sete profonda di felicità. Questo, però, significa avere una considerazione più a lungo termine della vita: sapere fare oggi delle scelte, magari costose, per ottenere un risultato migliore domani. Anche in questo, però, scopriamo che non siamo “assolutamente liberi”; sono tanti i “progetti di felicità” che ci vengono messi davanti e sono numerosi coloro che si professano “pastori” e che tentano di condizionare le nostre scelte promettendo serenità, giustizia ecc.. Penso di potere affermare, quindi, che siamo veramente liberi solo di scegliere quale “pastore” seguire.
Oggi, forse più che al tempo di Gesù, sono veramente tanti i “falsi pastori” che vogliono solo “pascere se stessi” e non hanno interesse a “pascere le pecore”. Esperti di marketing, pubblicitari, politici ... tutti promettono felicità se seguiremo le loro indicazioni: come scegliere?
Gesù ci dà un criterio: il Buon Pastore (quello vero) dà la vita per le pecore (Gv. 10,11). C’è ancora una caratteristica del Buon Pastore che va evidenziata: «egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome». Solo il buon Pastore, infatti, ci conosce e ama intimamente e singolarmente; solo Lui sa quale sia la nostra strada per giungere alla felicità cui aneliamo; solo Lui è venuto a donarci la Vita in abbondanza.
Condizionati da qualche falso pastore, purtroppo, oggi tanti nostri fratelli e sorelle vivono una vita che non li soddisfa: hanno fatto scelte che si sono rivelate insoddisfacenti per loro e adesso si trovano a vivere una vita che non è la loro, a “pedalare una bicicletta che non volevano” (“Ma è vita questa?” Quante volte ci capita di sentire affermazioni del genere!).
Gesù, che ci ha liberato dal condizionamento del peccato e delle nostre passioni, ancora oggi, nella Chiesa, continua a pascere il Suo popolo illuminandolo con la Sua Parola, nutrendolo con il Suo Corpo e il Suo Sangue e guidandolo con pastori che Lui ha scelto e consacrato. Saremo sufficientemente liberi da seguire il Buon Pastore?
Fr. Marco.