«Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, … a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata … » ( 1Cor 1,1-3)
«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1,29-34)
In questa seconda domenica del tempo ordinario, il Vangelo ci riporta al giorno dopo il Battesimo di Gesù. Il Battista, vedendo Gesù, memore di ciò che ha contemplato, lo addita al mondo come l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo. Vorrei soffermarmi sull’uso del singolare: il peccato del mondo, quello da cui derivano i peccati, per l’evangelista Giovanni è il rifiuto della Luce (Gv 1,9-11). Gesù è il Verbo eterno che con il suo mistero pasquale abbatte “il muro di inimicizia” tra gli uomini e Dio: ora è possibile riconoscere e accogliere l’amore del Padre e, in tal modo, diventare figli di Dio (Gv 1,12)
L’immagine dell’agnello che toglie i peccati, rimanda ai sacrifici espiatori compiuti nel tempio e in particolare all’agnello pasquale con il sangue del quale venivano segnati gli stipiti delle porte la notte di pasqua perché l’angelo della morte passasse oltre (Cfr. Es 12,7). Giovanni introduce qui il parallelismo che sarà pienamente sviluppato nel racconto della Passione: Gesù è crocifisso nella parasceve di pasqua proprio nell’ora in cui si preparava la cena pasquale (Gv 19,14); non gli sarà spezzato alcun osso secondo le prescrizioni per la preparazione dell’agnello pasquale (Cfr. Es 12,46 e Gv 19,36). Gesù è il vero e definitivo agnello pasquale nel sangue del quale siamo salvati.
Proprio grazie al sacrificio pasquale del Cristo in cui noi siamo Battezzati, è stata stipulata la Nuova ed eterna Alleanza, per la quale, resi conformi al Figlio di Dio, siamo chiamati alla santità. È quello che ci ricorda S. Paolo nella seconda lettura: siamo stati santificati e siamo chiamati alla santità, cioè a fare fruttificare quella grazia che il Signore ci ha donato nel battesimo.
Ma che significa essere santo? Fare miracoli? Avere il dono della bilocazione? … No! Queste sono solo manifestazioni esterne che il Signore può concedere per il bene della Chiesa. Essere santo significa principalmente e fondamentalmente vivere il proprio battesimo cioè vivere la Fede, la Speranza e la Carità.
La domanda allora potrebbe trasformarsi: come si fa ad avere la Fede, la Speranza e la Carità? Bisogna forse impegnarsi? No!
Recentemente Papa Francesco ha avuto di dire che per essere santi è importante lasciare operare Dio nella nostra vita, abbandonarsi a Lui. È Lui che ci ha conformati a sé e che ci ha donato Fede, Speranza e Carità. Sono dono gratuito di Dio che ci è stato consegnato al momento del Battesimo: ogni battezzato ha in se il seme della Fede che produce i frutti della Speranza e della Carità.
Questo dono, però, ci chiama alla responsabilità: se ci regalano una pianta che fa fiori e frutti meravigliosi, ma noi non la concimiamo, non la innaffiamo, non togliamo le erbacce e magari la teniamo al buio in un angolo nascosto della nostra casa, è forse colpa della pianta se non vedremo né fiori né frutti?
Così è della nostra Fede: il Padre ce la dona con il Suo Spirito al momento del Battesimo, sta a noi però coltivarla, nutrirla, purificarla. Il Padre ce ne dà pure l’occasione con i Sacramenti.
Nutriamo allora la nostra Fede, procuriamo di farla crescere e senza nostro sforzo vedremo nascere nella nostra vita i frutti della Speranza e della Carità. Diventeremo così realmente ciò che siamo chiamati ad essere: santi che, come il Battista, saranno capaci di testimoniare al mondo, con la loro vita bella e piena di senso, il Signore della Vita.
Fra Marco.