«Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.» (1Gv 3,18-24)
«Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.» (Gv 15,1-8)
In questa quinta domenica di Pasqua risuona più volte l’esortazione a rimanere nel Signore o, meglio, a permettere al Signore di rimanere in noi. Il verbo greco usato dall’evangelista ha a che fare con la stabilità, con il “dimorare stabilmente”: il Signore ci invita a prendere dimora in Lui e ci chiede di lasciarlo dimorare stabilmente in noi. Noi in Lui e Lui in noi. Questa reciproca inabitazione esprime la comunione con Lui che il Signore ci chiede di custodire perché la nostra vita possa portare frutto.
Questa comunione è realizzata in noi dallo Spirito Santo che è Signore e dà la vita: l’Amore tra il Padre e il Figlio effuso nei nostri cuori. Come dicevo, questa comunione va custodita. S. Paolo altrove dirà: non contristate lo Spirito Santo (Cfr. Ef 4,30)
Per custodire la comunione con Lui, la Parola di oggi ci raccomanda di camminare nel timore del Signore (I lettura), di osservare i suoi comandamenti, cioè di credere in Gesù e amarci gli uni gli altri (II lettura) e di fare rimanere in noi le Sue parole (Vangelo). Sembrano tre modi per esprimere la stessa cosa: l’obbedienza a Dio; ci danno, però, tre sottolineature che arricchiscono il concetto.
Il timor di Dio di cui ci parla la prima lettura non è paura, ma quel sentimento di rispetto e di fedeltà che aiuta a fuggire il male e a scegliere il bene e, se abbiamo peccato, a pentirci. È l’amore del figlio che non vuole rattristare il padre amato; è l’amore del giovane che non vuole rattristare colei che ama. Obbediamo a Dio, quindi non per paura del castigo, ma per amore, per compiacerlo.
La seconda sottolineatura, che ci viene dalla seconda lettura, è di osservare i comandamenti, cioè di amarci gli uni gli altri perché crediamo in Gesù. Il motivo per osservare i comandamenti, di cui il principale e fondamentale è l’amore reciproco che autentica l’amore per Dio, è che ci fidiamo di Gesù. Non ci amiamo tra noi perché siamo simpatici o perché ne traiamo un vantaggio materiale. Così ama il mondo. Ci amiamo reciprocamente e gratuitamente, invece, perché crediamo che così siamo amati da Gesù che ha dato la vita per noi; e perché ci fidiamo di Gesù che ci ha indicato la croce, l’amore gratuito, come via perché la nostra vita possa essere piena di senso.
Per poterci fidare di Lui, per potergli credere, infine, è necessario che Lo conosciamo e conosciamo ciò che ci chiede. Per questo la terza raccomandazione di oggi è di fare dimorare in noi la Sua Parola. Solo se abbiamo un contatto assiduo e profondo con la Sua Parola, infatti, possiamo conoscere chi è Gesù e conformare la “nostra mente” non al modo di pensare del mondo, ma alla volontà di Dio (Cfr. Rm 12, 2).
Senza di Lui non possiamo fare nulla. Gesù oggi ci chiede di custodire la comunione con lui, la reciproca in abitazione, perché la nostra vita sia ricca di frutti, perché possiamo realizzare pienamente la nostra vita. Lui ci dona tutto se stesso, il Suo Corpo, il Suo Sangue, il Suo Spirito: accogliamolo in noi, lasciamoci guidare da Lui nella nostra quotidianità, non a parole e con la lingua, ma coi fatti e nella verità: saremo realmente suoi discepoli e porteremo frutti di vita eterna.
Fr. Marco