«Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio.» (1Cor 3,16-23)
«… amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; … se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». (Mt 5,38-48)
Domenica scorsa la Parola ci invitava a superare la giustizia di scribi e farisei, a osservare “lo spirito della Legge”. Oggi si spinge oltre: ci invita ad essere santi e perfetti come il Padre! Una perfezione e santità che si misura nella capacità di amare anche il nemico, di non opporre violenza alla violenza.
Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano. Diciamolo chiaramente: per molti di noi ciò è assurdo, impossibile. Per tanti di noi comportarsi come chiede questa pagina evangelica è pazzia, “stoltezza”. San Paolo, però, nella seconda lettura ci ha messi in guardia: Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente. Ciò che per il mondo è stoltezza, è sapienza per Dio.
Pazzia, “stoltezza”, è pensare di potere sconfiggere il male con il male, la violenza con la violenza. La “sapienza del mondo” ci insegna ad agire così. È cronaca quotidiana, però, dove questo ci sta portando: guerre fra Stati; faide interminabili tra famiglie i cui membri si odiano quasi senza più ricordarne il motivo; famiglie disgregate al loro interno …
Oggi Gesù ci invita a cambiare mentalità, ad assumere il punto di vista del Padre, ad accogliere il perdono del Padre e ad imparare a perdonare a nostra volta.
Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra. Gesù oggi ci chiede di non opporre male a male, ma di “dare un taglio” ai motivi di contesa. Porgere l’altra guancia a chi ti ha colpito non significa solo e principalmente farsi colpire ancora, ma significa relazionarsi con il fratello/sorella dandogli una nuova possibilità. Il fratello che mi colpisce lascia il segno sulla mia guancia. A questo punto (come spesso facciamo) possiamo relazionarci con lui/lei dicendo “guarda cosa mi hai fatto”; oppure possiamo “mostrare l’altra guancia” cioè cercare di recuperare la relazione partendo dalla guancia non segnata, senza cercare soddisfazione al nostro io offeso. Ciò non significa essere passivi e conniventi di fronte l’ingiustizia e il male (già la prima lettura ci parla dell’esigenza di rimproverare apertamente chi sbaglia e il Vangelo di Mt più avanti parlerà della correzione fraterna); significa, invece, cercare una giustizia che salvi il fratello.
Amate i vostri nemici. È un’esigenza evangelica altissima, ma irrinunciabile. Vale la pena, tuttavia, soffermarci un attimo sul “tipo di amore” che Gesù ci chiede. Il Vangelo usa qui il verbo greco agapao per indicare l’amore da donare al nemico. Sappiamo che il greco conosce almeno tre verbi per esprimere l’amore: erao (da cui eros) è “l’amore passionale”, di chi “ha bisogno dell’altro”; fileo esprime un amore più paritario, l’amore/amicizia in cui il soggetto porta l’altro nella propria intimità; il verbo agapao, infine, esprime un amore “centrifugo”, l’amore con cui ci ama Dio, cioè un amore in cui il soggetto dona o si dona. Comprendere questa prospettiva da una parte ci conforta: non si tratta di portare il nemico nella nostra intimità (non viene usato il verbo fileo), ma si tratta di non chiudergli il cuore, di donare anche al nemico. L’uso del verbo agapao, però, ci invita anche ad imitare il modo con cui Dio ci ama: facendo piovere la sua misericordia sui giusti e sugli ingiusti, arrivando a donare tutto se stesso fino alla morte senza chiedere nulla in cambio.
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Oggi Gesù ci esorta ad imparare dal Padre la perfezione dell’Amore misericordioso, che mai si chiude all’altro e sempre da la possibilità di risollevarsi dalla propria miseria, di ricominciare. Oggi il maestro ci invita a perdonare coloro che ci hanno fatto del male. Pregando il Padre Nostro, diciamo: “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Gesù, nel Vangelo di Mt, sottolinea questa equivalenza affermando «Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.» (Mt 6, 14-15). Se (e come) perdoniamo, saremo perdonati. Rendiamoci disponibili, allora, ad accogliere il Perdono del Padre, imparando da lui l’amore misericordioso.
Fra Marco.