Oggi, ottava di Pasqua, la Parola ci presenta ancora il giorno della resurrezione: la pasqua è un evento così unico e meraviglioso, che la Chiesa sente il bisogno di dilatarlo in otto giorni per contemplarlo. Questa domenica è tradizionalmente detta “in Albis”: era la domenica in cui coloro che erano stati battezzati a Pasqua e che per tutta la settimana avevano portato la veste bianca dei risorti, deponevano la veste battesimale. Ma oggi, per volere di san Giovanni Paolo II, è anche la domenica della Divina Misericordia.
La Parola di quest’oggi, come dicevo, ci fa respirare in pieno la gioia della resurrezione: Gesù entra a porte chiuse nel luogo in cui i discepoli si nascondono, donando il primo dono pasquale: la Pace. Anche oggi, se glielo permettiamo, Gesù vuole entrare nel più profondo delle nostre angosce e paure per portare la Pace che solo Lui ci può donare. Angosciati dai nostri fallimenti, tradimenti, incoerenze, siamo chiamati a gioire nel vedere il Signore.
Lui che conosce tutta la miseria umana è venuto a portarci la Pace. Anche noi come i discepoli siamo mandati quest’oggi per essere testimoni. Non annunciatori di un “sentito dire”, ma testimoni: uomini e donne capaci di annunciare ciò che hanno sperimentato, ciò che il Signore ha compiuto nella loro vita. Non a caso, subito dopo aver donato la Pace, Gesù dona alla Chiesa lo Spirito insieme al “Potere” di rimettere i peccati. La Chiesa è mandata così a continuare l’opera di riconciliazione compiuta da Cristo. Solo dal perdono, dalla misericordia ricevuta e donata, è possibile vivere la Pace.
La Pace pasquale che Gesù viene a donarci non è “non belligeranza”, reciproca indifferenza, ma reciproca accoglienza e perdono. Il perdono capace di creare una nuova vita in colui che lo riceve. Ecco il senso della festa della divina Misericordia: accogliere nella nostra vita il perdono del Padre che ci giunge per la Passione del Figlio e per opera dello Spirito. Avendo accolto questa misericordia, siamo chiamati a implorarla per il mondo intero a farci intercessori per la salvezza del mondo; ma siamo chiamati soprattutto a farci operatori di misericordia bandendo ogni giudizio di condanna.
Chiarisco il mio pensiero: se vediamo il fratello/sorella che sbaglia, per amore di verità non possiamo negare l’oggettività dell’errore, ma siamo chiamati a comprendere, giustificare e, con vero amore fraterno, correggere il fratello. Siamo chiamati ad usare misericordia: avere un cuore rivolto verso i miseri.
È significativo che proprio questa domenica la Parola accentui l’attenzione sulle Piaghe del Risorto: è da quelle piaghe che sgorga la sorgente della misericordia (la festa della Divina Misericordia, inoltre, è preceduta da una novena di preparazione che inizia il venerdì santo: dalle Sue piaghe siamo stati guariti).
Il Risorto porta addosso le ferite inflittegli dalla cattiveria degli uomini, ma proprio a partire da esse usa misericordia al mondo. Anche noi siamo piagati dal nostro peccato e dal peccato dei fratelli, ma è proprio a partire dal contemplare le piaghe di Cristo e dall’unire le nostre sofferenze alle Sue, che siamo chiamati ad usare misericordia divenendo, ognuno nello stato a cui il Signore lo ha chiamato, ministri del perdono.
Tutto ciò non è facile, la nostra natura ferita si ribella, ma da ciò dipende l’autenticità della nostra fede. Se davvero crediamo che Gesù è risorto e che noi, nel battesimo, siamo risorti con lui, lasciamo che lo Spirito ci insegni a vivere da risorti che non temono più la morte e le ferite che il peccato nostro e altrui potrà infliggerci.
Eterno Padre, ti offriamo il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità del tuo dilettissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero!
Fr. Marco