Il Vangelo della festa della Impressione delle Stimmate ci presenta l’invito alla sequela sulla via della croce. Un percorso obbligato perché i discepoli, dietro Gesù, giungano alla gloria della resurrezione. È per questo che oggi lasciandomi ancora guidare da S. Francesco, intendo parlarvi della necessità dell’imitazione di Cristo:
Guardiamo, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce. Le pecore del Signore lo seguirono nella tribolazione e nella persecuzione e nell’ignominia, nella fame e nella sete, nell’infermità e nella tentazione e in altre simili cose e ne ricevettero dal Signore la vita eterna. Perciò è grande vergogna per noi servi del Signore il fatto che i santi operarono con i fatti e noi raccontando e predicando le cose che essi fecero ne vogliamo ricevere onore e gloria. (Amm. VI)
L’esperienza spirituale di S. Francesco, che lo portò a diventare un modello per i giovani suoi contemporanei e per tantissimi altri santi frati lungo i secoli, fu quella di un totale innamoramento di Cristo e un desiderio di vivere integralmente e «sine glossa» il Vangelo. Per lui, però, vivere secondo il Vangelo significa vivere una vita di totale e incondizionata sequela di Cristo che si fa sua imitazione e riproposizione della sua vita di uomo-Dio. Per Francesco la conformità a Cristo è il centro e il culmine della minorità francescana.
Le parole di questa ammonizione, allora, ci introducono all’istanza centrale della vita dei discepoli di Cristo sulle orme di S. Francesco: Il francescano deve immettersi nella “sequela di Cristo”, una sequela che diventa anche “riproduzione”, rappresentazione al mondo della vita di Cristo. In quanto Cristiano, il francescano è chiamato a diventare “un altro Cristo”.
Facciamo attenzione a come comincia l’ammonizione. Prima di tutto è da notare che Francesco usa la prima persona plurale: «fratelli tutti» (o «noi tutti»); non è escluso nessuno, chi ascolta questa ammonizione non può sentirsi escluso, come se non riguardasse lui; chi ascolta è invece chiamato ad analizzare la sua vita alla luce di queste parole.
Successivamente poniamo l’attenzione al verbo usato da Francesco: «Guardiamo»; l’edizione critica in latino riporta «Attendamus» che potrebbe anche essere tradotto consideriamo, guardiamo coma ad una meta. È questa la prima cosa da fare: guardare sempre a Cristo, imparare a conoscere ciò che Egli ha detto e fatto e imprimerlo profondamente in noi. Il nostro non deve essere uno sguardo distratto e magari frettoloso, ma un’osservazione attenta di chi vuole imprimere il modello nella memoria per poterlo riprodurre; dobbiamo guardare per prendere parte a ciò che guardiamo. Il nostro accostarsi alle Sacre Scritture e in particolare al vangelo, allora, deve essere attento e mai l’ascolto frettoloso di chi è convinto di conoscere già ciò di cui si parla (della serie “l’ho già sentito”).
Ciò che in particolare l’ammonizione sottolinea di Cristo è il suo essere il Buon Pastore che subisce il supplizio della croce e dà la vita per noi sue pecore. Egli si è sacrificato perché noi potessimo per suo mezzo tornare al Padre. E come il buon Pastore dà la vita per le su pecore, così chiede a ciascuno di noi di dare la vita per i fratelli, in un amore di donazione che parte dall’amore ricevuto gratuitamente da Cristo e non può che irradiarsi attraverso i suoi discepoli («fate questo in memoria di me»)
È a questo incommensurabile amore e a questo incomprensibile sacrificio che Francesco ci invita a guardare, perché riconoscendoci amati possiamo a nostra volta infiammarci d’amore e dare a Cristo una risposta d’amore. Soltanto se saremo infiammati da questo amore riconoscente potremo prendere con gioia su di noi il giogo di Cristo per seguirlo nella strada che Lui ha percorso: «nella tribolazione e nella persecuzione e nell’ignominia, nella fame e nella sete, nell’infermità e nella tentazione e in altre simili cose» fino a morire per i fratelli con un amore di donazione capace di diventare servizio, capace di diventare perdono incondizionato: come siamo stati amati e perdonati, così siamo chiamati ad amare e perdonare.
Infiammati da tale amore riconoscente, nelle difficoltà della nostra vita non saremo superficiali e non ci lasceremo scoraggiare facilmente perché sapremo che il nostro Pastore ha percorso questa strada davanti a noi; Egli, uomo come noi in tutto tranne il peccato. Avremo chiaro che attraverso la Croce si arriva ai pascoli della vita eterna che Cristo ha aperto per noi e di cui cominciamo a godere in questa vita attraverso i sacramenti dai quali traiamo forza e grazia per una sempre più perfetta sequela.
Nell’ultima parte dell’ammonizione Francesco diventa molto pratico nel descrivere un pericolo reale per la nostra vita: diventare sterili ripetitori dei misteri di Cristo e delle vite dei santi. Rischiamo di diventare bravissimi nel raccontare ciò che Cristo ha fatto e detto o nel raccontare come i santi hanno vissuto, senza però che questo metta in discussione la nostra vita.
La sequela di Cristo non consiste in pie parole, è importante solo questo: guardare a Cristo e vivere come lui nella forza e nella potenza donataci, diversamente le vite dei santi dovrebbero farci vergognare della nostra.
Fra Marco