«… perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo» (Fm 1, 9-10.12-17)
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.» (Lc 14, 25-33)
In questa XXIII Domenica del Tempo Ordinario la Parola ci invita a riflettere sulla Sapienza, sulla conoscenza delle cose del cielo: «Quale uomo può conoscere il volere di Dio?». Non è un tema superfluo, non si tratta di una conoscenza accessoria, di cui si può fare a meno. La Sapienza di cui si tratta è quella che dà sapore alla nostra vita (sapienza e sapore hanno la stessa radice nel latino sàpere: “aver sapore”). Una vita vissuta senza la Sapienza è una vita insipida, vuota, una vita in cui “tiriamo a campare”. Ecco perché è importane cercare di conoscere il volere di Dio.
Noi, però, sperimentiamo continuamente la nostra inadeguatezza: a stento riusciamo a conoscere le cose a noi vicine; spesso non conosciamo pienamente neanche noi stessi (tanto da restare sorpresi da alcune nostre reazioni e da non riuscire a dominarci pienamente).
La prima lettura di oggi ci consola: il Padre stesso ci viene incontro donandoci la Sua Sapienza. Nell’antico patto ha donato la Legge; nella pienezza dei tempi ci ha donato se stesso nel Figlio e nello Spirito perché l’Amore, riversato nei nostri cuori, ci abilitasse a vivere la legge. Noi conosciamo il volere di Dio: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9, 23); «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso» (Lc 10, 27).
Nella nostra vita, però, non sempre viviamo con sapienza, non sempre sappiamo ordinare i valori nella giusta gerarchia: non sempre rinneghiamo noi stessi per mettere Dio al primo posto. Non sempre rinunciamo a tutti i nostri averi (rinunciamo a possedere e a “possederci”) per camminare dietro il Maestro. Troppo spesso confondiamo le cose importanti con le cose “urgenti”: sappiamo che è importante l’Eucarestia domenicale, ma poi veniamo bloccati da mille cose che ci impediscono l’incontro con il nostro Signore; sappiamo che è importante pregare e meditare la Parola di Dio, ma le “urgenze” di ogni giorno fanno sì che non troviamo tempo da dedicare al Signore; sappiamo che Gesù ci chiede di perdonare “settanta volte sette”, ma spesso l’amor proprio (magari camuffato da “amore di giustizia”) ci impedisce di obbedire al nostro Signore …
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Gesù oggi ci ricorda che la vita cristiana, la vita da discepoli, è una vita impegnativa, va presa seriamente. Per essere suoi discepoli, siamo chiamati a camminare dietro Lui facendo della nostra vita un dono d’amore: questo significa prendere la croce.
Troppo spesso con la nostra vita siamo simili a quel tale che ha iniziato a costruire una torre, ma l’ha lasciata incompiuta. Una vita cristiana vissuta con superficialità è una vita che dà scandalo: noi non gustiamo la bellezza della vita e chi ci osserva non è attratto alla sequela (quante volte sentiamo il commento: «Se questi sono quelli che vanno in Chiesa … »)
Accogliamo l’invito del Maestro: prendiamo seriamente l’impegno della sequela e viviamo la vita con sapienza. La nostra vita sarà più bela, più saporita, vivremo pienamente.
Fra Marco