« … Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia.» (2Pt 3,8-14)
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Mc 1,1-8)
Consolate. Con questo imperativo si apre la liturgia della Parola della seconda domenica di avvento. Nelle fatiche della vita, nelle difficoltà che quotidianamente siamo chiamati ad affrontare, oggi la parola ci porta la consolante notizia che sta venendo il Signore della Vita, Colui che si prende cura di ciascuno di noi.
Perché questa venuta possa essere fonte gioia e consolazione, però, siamo invitati a prepararci. La prima domenica di avvento ci invitava all’attesa e alla vigilanza, in questa seconda domenica la liturgia della Parola dà un contenuto a questa vigilanza: siamo chiamati alla conversione, a preparare la via al Signore che viene.
Conversione, lo sappiamo bene, significa cambiare la direzione in cui va la nostra vita, ritornare sui propri passi abbandonando la strada sbagliata che si sta percorrendo. È quello che siamo chiamati a fare quest’oggi: lasciare le vie di peccato che ci portano in esilio, lontano dalla Vita, per ritornare al Signore.
Ma oggi la liturgia ci parla anche di raddrizzare i sentieri, riempire i burroni e abbassare i monti. Anche questo è il contenuto della conversione: preparare la nostra vita ad accogliere la venuta del Signore che viene a darci la consolazione che attendiamo (I lettura)
Se guardiamo onestamente alla nostra vita, scopriamo quanto bisogno ci sia di queste “grandi opere di ripristino”; scopriamo anche, però, di non essere capaci di compierle.
Lo strumento con cui il Padre vuole operare nella nostra vita e trasformare le nostre vie perché possano accogliere il Signore che viene, è la sua Parola. Perché questa parola possa essere accolta e produca frutto nella nostra vita, però, siamo chiamati ad assumere l’atteggiamento di Giovani il Battista: l’attesa operosa e la disponibilità; l’intimità del deserto in cui sperimentiamo la presenza del Signore senza il quale non possiamo fare nulla.
«Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico». Condizione indispensabile perché la Parola venga accolta e produca frutto, è farle spazio rinunciando ad ogni pretesa di autosufficienza e riconoscendo la nostra piccolezza e il nostro bisogno di Dio. È necessario, però, anche entrare nel “deserto”, fare tacere i rumori del mondo per potere ascoltare la Voce del Silenzio che manifesta la Parola.
Solo in seguito, come Giovanni, siamo chiamati alla funzione profetica: rimanendo nel silenzio dell’ascolto (nel deserto) siamo chiamati a farci voce di questa parola nell’invitare il mondo ad accogliere Colui che solo può donargli la consolazione, pace e la gioia di cui è assetato.
Fra Marco