« … così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.» (1Cor 10,31-11,1)
«Venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.» (Mc 1,40-45)
Nella VI domenica del Tempo per annum la Parola di Dio, continua ad istruirci sull’identità di Gesù presentandoci la guarigione di un lebbroso. Guarire la lebbra, infatti, era uno dei segni attesi per riconoscere il tempo messianico («I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella» Mt 11,5).
Come bene ci spiega la prima lettura, la lebbra non è una malattia come le altre, ma è considerata una “piaga mandata da Dio” a causa dei peccati e, per questo, è una malattia che esclude dalla comunione del popolo di Dio. La lebbra è quindi considerata l’immagine dell’effetto del peccato: la morte in una parvenza di vita. Proprio perché così strettamente legata al peccato, solo Dio può guarire dalla lebbra e solo i sacerdoti possono attestare l’avvenuta guarigione.
Il lebbroso, inoltre, era obbligato a gridare “impuro, impuro!” e ogni pio israelita si guardava bene dall’avvicinarsi ad uno di essi dato che avere qualsiasi contatto con un lebbroso era causa di impurità.
Nel Vangelo di oggi, tuttavia sia il lebbroso che Gesù contravvengono a questa norma rituale: il lebbroso, testimoniando una grande fede, si inginocchia davanti a Gesù riconoscendolo come il Signore che ,se vuole, può purificarlo. Gesù, senza fare alcun conto della propria incolumità o del fatto che sarebbe diventato ritualmente “impuro”, osa toccare il lebbroso. Anche in questo comportamento il Vangelo di oggi ci svela chi è Gesù: è il Messia atteso, ma è soprattutto il Signore misericordioso che “non è venuto per i sani, ma per i malati”; è il Signore che si muove a compassione per le miserie dell’umanità.
Gesù, inoltre, ci è mostrato come il “Servo di YHWH” che si è «caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori» (Is 53, 4). Dopo la guarigione del lebbroso, infatti, la situazione iniziale appare rovesciata: inizialmente Gesù è il maestro che va nei villaggi e insegna, mentre il lebbroso è escluso dal consesso umano. Alla fine della pericope, invece, il lebbroso guarito va in giro annunziando la gloria di Dio, mentre Gesù è costretto a restare fuori dai villaggi e in luoghi deserti.
Accogliendo l’insegnamento della Parola di oggi, impariamo dal lebbroso a riconoscerci bisognosi di purificazione e a riporre la nostra fiducia nel Signore che può e vuole purificarci, liberarci dal nostro peccato. Impariamo dal Signore, come ci invita a fare S. Paolo nella seconda lettura, a mettere da parte, se necessario il nostro interesse, per andare incontro al fratello bisognoso.
S. Francesco, l’alter Christus, nostro serafico padre, seppe davvero seguire le orme del Maestro nell’atteggiamento di misericordia verso le miserie umane e soprattutto verso i lebbrosi. È noto, dalle biografie il “bacio al lebbroso”. Nel suo Testamento lo stesso Francesco ci spiega cosa lo ha mosso: « … quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia».
Parafrasando S. Paolo nella seconda lettura di oggi, oso dire: facciamoci imitatori di S. Francesco come lui lo fu di Cristo. Così facendo, anche noi, lebbrosi guariti e peccatori purificati, diventeremo annunziatori e testimoni della gloria di Dio e contribuiremo alla venuta del Regno.
Fr. Marco