« … Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, … » (2Tm 1,6-8.13-14)
«Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. … quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». (Lc 17,5-10)
La Parola di Dio di questa XXVII domenica ci esorta ad invocare anche noi insieme agli apostoli: «Accresci in noi la fede».
Anche noi, infatti, come il profeta Abacuc nella I lettura, rimaniamo sgomenti dinanzi la violenza e l’iniquità del mondo. Abbiamo sentito, però, cosa risponde il Signore al profeta e a noi: tutto ciò avrà un termine! La violenza, l’iniquità ed il non senso non hanno l’ultima parola: «soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede». Siamo chiamati, quindi, a fidarci e a Sperare. La Fede, infatti, non può essere vissuta separata dalla Speranza che si fonda sull’ascolto della Parola.
Siamo chiamati a fidarci, a non indurire il nostro cuore, ad ascoltare la sua Parola con un ascolto attivo e operoso. Cosa significa, infatti, che il giusto vivrà per fede? Significa che non si limiterà a professare delle “verità teoriche”, ma vivrà conseguentemente a ciò che crede.
È quello che s. Paolo ci esorta a fare insieme a Timoteo: rinnoviamo il dono della fede che abbiamo ricevuto con il nostro Battesimo, non vergogniamoci di testimoniare Cristo, non conformiamoci al mondo, Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza.
Vivendo così, però, possiamo essere tentati di credere di accumulare meriti dinanzi a Dio, di renderlo nostro debitore. Anche questo sarebbe sintomo di una nostra mancanza di fede: significherebbe che pensiamo di doverci “guadagnare” la salvezza: ci comportiamo come salariati e non come figli; significherebbe, quindi, che non conosciamo il Padre che esaudisce le preghiere del suo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito e aggiunge ciò che la preghiera non osa sperare (preghiera colletta).
È per scongiurare ciò che oggi Gesù ci esorta a riconoscerci “servi inutili”, che fanno ciò che devono fare senza aspettarsi niente in cambio: non dobbiamo assumere la mentalità mercantile del “io faccio perché tu mi dia”, ma la mentalità dei figli che, animati dalla Carità, dall’Amore per il Padre e per i fratelli, non chiedono altro che di servire per compiacere il Padre.
Fede, Speranza e Carità, quindi, inscindibili, che possono essere possedute e vissute solo insieme.
È grazie alla Fede, infine che potremo convertirci, che potremo cambiare mentalità, luogo a cui attingiamo vita: è l’immagine del gelso che si sradica per trapiantarsi in mare. Siamo chiamati a cambiare il nostro modo di vedere, il nostro modo di vivere, attingendo vita da dove il mondo pensa che sia assurdo, attingendo vita dal Vangelo. Il Signore ce lo conceda.
Fra Marco