«… poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.» (Gal 3,27)
«“Ma voi chi dite che io sia?” … “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua … Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.”» (Lc 9,18-24)
Questa XII domenica TO il vangelo si apre con l’immagine di Gesù in preghiera in un luogo solitario con i discepoli. È il luogo dell’intimità, della relazione profonda. In questo luogo Gesù interroga i suoi a proposito della sua identità.
Dopo avere ascoltato l’opinione delle “folle”, Gesù incalza chiedendo ai discepoli “Ma voi chi dite che io sia?”. È una domanda che quest’oggi è posta anche a noi: solo a partire dalla risposta a questa domanda potremo scoprire chi siamo noi.
Pietro, guidato dallo Spirito (Cfr. Mt 16,17), afferma “Il Cristo di Dio”: l’Unto del Signore, il Messia atteso. Per evitare ogni equivoco, a questo punto Gesù deve chiarire le coordinate della sua messianicità: il rifiuto e la sofferenza fino alla morte che lo porteranno alla vittoria della resurrezione. È la strada che percorre il Maestro, ma è anche la strada che addita ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua … Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.”
Ecco che entra in gioco la nostra identità: se anche noi con Pietro abbiamo riconosciuto in Gesù il Cristo di Dio, il Nostro Salvatore, il Signore, siamo chiamati a seguirLo. Se, infatti, dinanzi a Gesù ci riconosciamo discepoli, oggi Egli stesso ci indica le esigenze di questo discepolato:
“Rinneghi se stesso”, il proprio “Io”, per mettere al primo posto il “Tu” di Dio e dei Fratelli. Si tratta di “decentrarsi”, di togliere al proprio “io” la centralità. Come altre volte ho avuto modo di precisare, se non rinneghiamo noi stessi, finiremo con il rinnegare Gesù: o seguiamo il nostro Io con il suo orgoglio, avidità gelosie ecc. cercando di “salvarci la vita”, o seguiamo Cristo imparando a “perdere la vita” per amore.
“Prenda la sua croce ogni giorno”. Non si tratta di accettare con rassegnazione le disgrazie e gli imprevisti che la vita non risparmia a nessuno, ma di vivere la vita come un’offerta d’amore in obbedienza al Padre e ad imitazione di Cristo. Significa certamente trasformare ogni nostra sofferenza in offerta d’amore, ma significa soprattutto non chiudersi all’amore del fratello anche quando questi sembra non aspettare altro per “piantare i suoi chiodi”.
“Mi segua”. La vita interpretata non come un cammino di chi “si fa strada”, di chi “si fa da se”, ma come la sequela di un Maestro che ci indica qual è la strada, che ci guida. Ecco l’importanza di guardare a Lui (Cfr. I lettura) per “conformarci” gradualmente al nostro Maestro.
Il discepolato di Cristo è esigente, ma sappiamo che il Signore non ci ha lasciato in balia della nostra debolezza, ma ci ha conformati a Lui nel Battesimo e ci nutre con il Suo corpo e il Suo Sangue; infatti: “quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.”
Fra Marco.