«… chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere …» (1Cor 10,1-6.10-12).
«Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo … “Padrone, lascialo ancora quest’anno, … Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”» (Lc 13,1-9)
In questa terza domenica di quaresima la Parola di Dio ci invita ancora, in maniera pressante, alla conversione. Nel Vangelo, infatti, Gesù parte da due fatti di “cronaca nera” per invitarci a cambiare vita, a fare tesoro del tempo che il Signore ci dona per fare frutti di vita eterna.
Può capitare che siamo tentati di credere, sentendo parlare di alluvioni, terremoti, disgrazie sul lavoro, che le vittime di tali tragedie se le siano in qualche modo “meritate”: tale pensiero ci rassicura perché ci permette di puntare il dito su “gli altri” e riusciamo a racchiudere la disgrazia in una logica che possiamo comprendere. Gesù prende le distanze da tale lettura che vede in queste tragedie il castigo di Dio.
Che significa, allora, “se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”? Credo sia lo stesso avvertimento che altrove diventa: “Il Figlio dell’Uomo verrà come un ladro di notte” (Cfr. Mt 24, 42-44). Quegli uomini morirono improvvisamente e forse senza essere pronti: ecco perché l’urgenza della conversione! Una conversione personale: l’appello alla conversione non è per “gli altri”, è per me. Sono io che devo convertirmi.
Il Dio che Gesù ci rivela non è un Dio vendicatore, ma un Dio che non smette di chiamare il suo popolo alla salvezza, un Dio che “osserva la miseria” del suo popolo con occhi di misericordia (Cfr. I lettura). Il nostro tempo, tuttavia, è limitato e corriamo due pericoli ugualmente da evitare: da un lato il pericolo di costruirci l’immagine errata di un “Dio giustiziere” pronto a “pesare” scrupolosamente i nostri peccati e a punirci per essi; dall’altro lato il pericolo di costruirci l’immagine di un Dio “troppo buono” che, indipendentemente dalle nostre azioni, alla fine salverà tutti.
Entrambe le immagini sono false. La prima immagine ci porta ad assumere atteggiamenti servili: agiamo spinti dalla paura, attenti all’osservanza letterale della legge, ma con il cuore distante da Dio. In tale prospettiva la salvezza, destinata a pochissimi, non è dono di Dio, ma conquista dell’uomo. La seconda immagine, al contrario, ci porta a deresponsabilizzarci a non vigilare sul nostro comportamento: viviamo, di fatto, come se Dio non ci fosse, presumendo che ci sarà sempre tempo … e che alla fine “Dio perdona tutti”. Dimentichiamo che il nostro tempo è limitato e che non sappiamo quando compariremo davanti il Suo giusto giudizio.
Il Dio che ci presenta Gesù, invece, è un Padre infinitamente giusto e misericordioso: si china sulla miseria del suo popolo, prende l’iniziativa della salvezza, nutre la nostra debolezza con i sacramenti, ma ci chiede di accogliere questa salvezza, di portare frutto, di assumere la logica dell’amore.
“Padrone, lascialo ancora quest’anno …”. Usiamo bene il tempo che il Signore ci dona, assumiamo la logica dell’amore sulla quale saremo giudicati. Facciamo in modo di essere pronti quando il Signore cercherà i frutti. Pur confidando nella misericordia del Padre, vigiliamo sulla nostra vita senza presumere della nostra salvezza: «… chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere …».
Fra Marco.