«… doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.» (Eb 2,14-18)
«Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». (Lc 2, 22-40)
La festa della presentazione del Signore al Tempio si svolgeva già a Gerusalemme nel IV secolo con il nome greco di Hypapante, “festa dell’incontro”. Celebra l’incontro Tra la “profezia” (Simeone) e il suo compimento (il Cristo); tra il popolo redento (Anna) e il redentore (Cristo).
È una festa che “fa da ponte” tra il Natale (cui è legata per i quaranta giorni trascorsi: periodo rituale dopo il quale la donna che aveva partorito poteva entrare nel Tempio) e la Pasqua (richiamata dalle parole del santo Simeone). Anticamente questa festa veniva celebrata il 14 febbraio (40 giorni dopo l’Epifania); la prima testimonianza al riguardo ci è data da Egeria nel suo Itinerarium Egeriae (cap. 26). Giunge a Roma con Papa Sergio I. La denominazione di Candelora, data popolarmente alla festa, deriva dalla somiglianza del rito del Lucernare, di cui parla Egeria: “Si accendono tutte le lampade e i ceri, facendo così una luce grandissima” (Itinerarium 24, 4), con le antiche fiaccolate rituali che si facevano nei Lupercali (antichissima festività romana che si celebrava proprio a metà febbraio).
Il santo Simeone, guidato dallo Spirito, riconosce in quel bambino che gli viene portato il Salvatore del mondo e lo addita come “segno di contraddizione”: è lui il discrimine. Il criterio con cui il mondo verrà giudicato è il modo in cui ha accolto il Signore che viene. Soltanto accogliendo il Cristo come nostro Signore, Egli sarà per noi risurrezione e vita. Tale accoglienza, però, non può avvenire solo a parole (“non chi dice Signore, Signore …”), ma deve esprimersi in una vita vissuta nella Signoria di Cristo, in obbedienza alla Sua volontà.
Quest’oggi, inoltre, è anche la giornata della vita consacrata, il giorno dedicato a tutti coloro i quali hanno risposto alla chiamata del Signore ad una vita consacrata in maniera particolare ed esclusiva a Lui. Parlo di maniera particolare ed esclusiva, perché tutti i battezzati siamo in realtà consacrati al Signore, conformati a Lui, innestati in Lui. Alcuni battezzati, però, siamo chiamati a vivere questa consacrazione in maniera più radicale dedicandoci esclusivamente alla causa del Regno per essere così, in maniera, particolare portatori della luce di Cristo ai fratelli (il modo in cui riesco ad assolvere questo compito, lo affido alla misericordia del Signore. Ndr).
Il simbolo delle candele, infatti, richiama da vicino il Cristo risorto (di cui il cero Pasquale è il simbolo per eccellenza) in cui anche noi, battezzati, siamo risorti. Anche noi, infatti al nostro battesimo abbiamo ricevuto una candela accesa al cero Pasquale: è il simbolo della fede alla luce della quale siamo chiamati a vivere. Tale fede è una luce che non possiamo “mettere sotto il moggio”, che non possiamo nascondere. Una luce della quale siamo responsabili, che dobbiamo alimentare con la grazia dei sacramenti e l’ascolto assiduo della Parola, perché non si spenga. Come Cristo, “luce delle genti” e “segno di contraddizione”, anche noi siamo chiamati a “non conformarci alla mentalità di questo mondo” (Cfr. Rm 12) per portare ai fratelli che sono nelle tenebre la luce di Cristo.
«Gesù disse di essere venuto a portare il fuoco sulla terra (Lc. 12, 49); non era, certo, il fuoco materiale che brucia e che distrugge, ma il fuoco che riscalda: l’amore. Esso doveva operare il grande disgelo del mondo attanagliato dal gelo dell’egoismo e dell’odio. […] La luce che ci ha affidato era, dunque, null’altro che il precetto dell’amore: Amatevi gli uni gli altri; amate anche i vostri nemici. È questa la luce che dobbiamo portare con noi, ogni volta di nuovo, dalla chiesa, per far luce “a tutti quelli che sono nella casa”, a quelli con cui viviamo la nostra giornata. È, in senso evangelico, una luce posta sul candelabro il cristiano che si sforza di essere comprensivo con le persone, a cominciare dalle più vicine, che non ha parole amare di critica e di disapprovazione per tutti, che sa incoraggiare un piccolo sforzo di bene negli altri.» (P. Raniero Cantalamessa)
Auguri, dunque, a tutti noi consacrati nel battesimo: che la luce dell’Amore che Cristo ha acceso nei nostri cuori possa ardere in noi ed essere luce che purifica la nostra vita e illumina e riscalda la vita dei nostri fratelli.
Fra Marco.